
Improvvisando una sorta di conferenza stampa volante, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si è esibito con un gruppo di giornalisti parlamentari in una sortita che è stata interpretata (e in realtà lo è stata pur senza nominarlo) come un attacco a Giuseppe Conte, proprio il giorno dopo che finalmente il Tribunale di Napoli aveva chiuso l’assurda contesa giudiziaria sulla modalità della elezione del professore, ed ex capo del governo Pd-M5s a presidente del Movimento.
Di Maio ha affermato che “è normale che l’elettorato del M5s sia disorientato, ma alle elezioni amministrative non siamo andati mai così male come domenica scorsa”, pur senza attribuirne esplicitamente la colpa a Conte, al quale ha alluso – pur senza nominarlo – affermando che era costretto a parlare di queste cose “non essendovi nel Movimento altro luogo ove parlarne“, sottintendendo che Conte non crea le condizioni per farlo, pur sapendo che la elezione di Conte a capo del Movimento era stata sbloccata meno di 24 ore prima.
Il governativo esponente pentastellato ha anche affermato: “Credo che M5S debba fare un grande sforzo nella direzione della democrazia interna: nel nuovo corso servirebbe più inclusività, anche a soggetti esterni“, aggiungendo (a sproposito): “lo dico a voi perché non esiste un altro posto dove poterlo dire“, insinuando, quindi, che non vi sia democrazia nella gestione Conte, anche se qualche osservatore ha lanciato il sospetto che ad allarmare Di Maio sia stata l’ipotesi (circolata nei giorni scorsi) che Conte voglia ripristinare il limite dei due mandati parlamentari per gli esponenti dei Cinquestelle, e lui i due mandati li ha già esauriti. Infatti ha aggiunto questa notazione: “Non credo che possiamo stare nel governo e poi, per imitare Salvini, un giorno sì ed uno no, si va ad attaccare il governo“.
In realtà, finora, Conte ha espresso cautamente dubbi (peraltro più che legittimi, e comunque non è il solo) sulla scelta di continuare a fornire armi pesanti all’Ucraina con il rischio di inasprire e protrarre il conflitto con la Russia e quindi con il risultato di protrarre e inasprire la guerra, con crescenti perdite di vite umane e devastazioni di città e strutture urbane.
Conte ha poi riservato una battuta polemica direttamente per Di Maio affermando: “Quando era leader Luigi Di Maio come organismo del M5s c’era solo il capo politico: che ci faccia lezioni lui oggi fa sorridere. Negli ultimi giorni ho riunito un consiglio nazionale e ho fatto due conferenze stampa in cui abbiamo analizzato il risultato del voto: io so come assumermi le responsabilità“.
LA STRONCATURA DI TRAVAGLIO per…LUIGI DI MARIO
Ma c’è chi non fa sconti all’ex capo unico dei Cinquestelle, oggi ministro degli Esteri del governo Draghi. E’ il direttore del “Fatto quotidiano“, Marco Travaglio, che gli ha dedicato, il giorno dopo, il suo editoriale. Cari lettori, ve lo proponiamo integralmente.
Il titolo è, appunto, … “LUIGI DI MARIO“.
Dice Di Maio che “il nostro elettorato è disorientato e non ben consapevole di quale sia la visione”. E noi, per quel che vale, siamo totalmente d’accordo con lui. Basti pensare che c’è un ministro M5S che, mentre la base respira di sollievo per la vittoria di Conte al Tribunale di Napoli, si affretta a riaprirgli la guerra in casa e a regalare ai media il pretesto per parlare di nuovi casini interni, anziché di salario minimo e stop al riarmo. Lo stesso ministro che disorienta gli elettori scattando come un misirizzi al solo annuncio del voto degl’iscritti sui 2 mandati dopo averli sempre difesi: “Dopo il secondo mandato lascio la politica. Da noi c’è una regola: dopo due mandati, a casa. Non solo per la corruzione, ma per la perdita di entusiasmo. Perciò ci votano: siamo persone serie” (6.2.2017); “La regola dei due mandati non si tocca, né quest’anno né il prossimo né mai. È certo come l’alternanza delle stagioni e come il fatto che certi giornalisti continueranno a mentire scrivendo il contrario” (31.12.18); “I due mandati mai messi in discussione, ma si fa politica anche senza cariche” (21.11.19). Di Maio aggiunge che “i nostri elettori sono molto disorientati per l’ambiguità sulle alleanze internazionali”. Sante parole: deve avercela con l’ex capo politico che nel 2019, da ministro e da vicepremier, abbracciava i Gilet gialli e ora si scappella ai piedi di Macron.
E come non condividere il disorientamento degli elettori per la minaccia contiana di dire basta alla cobelligeranza con invii di armi sempre più pesanti all’Ucraina “mettendo nella risoluzione, che impegna il premier in Consiglio Ue, frasi o contenuti che ci disallineano dalle nostre alleanze storiche”, magari con la scusa dell’art. 11 della Costituzione? Queste magliarate può farle solo quell’ex capo politico disallineato che il 15.4.18 condannò il raid missilistico di Usa, Uk e Francia contro la Siria: “Bene ha fatto Gentiloni a non partecipare all’attacco, bisogna continuare con la diplomazia. Per me il faro rimane l’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra”. Da applausi poi le parole di Di Maio sull’assenza di un organo democratico del M5S per discutere la sconfitta alle Comunali. Ma, più che a Conte che di organi e comitati ne ha creati fin troppi, la polemica pare rivolta a quell’ex capo politico che, mentre il M5S crollava dal 33 al 17%, ne discuteva nella sede più democratica mai vista: lo specchio. È lo stesso che prima attaccava Draghi e ora lo idolatra. Che a gennaio ha sabotato la trattativa del suo leader per il Quirinale con Renzi e Guerini. E che, quando non è in pizzeria con Giorgetti, comizia con la signora Mastella. È una fortuna, per Di Maio, che quel capo politico si sia dimesso: sennò l’avrebbe già espulso da un pezzo.
Marco Travaglio
Commenta per primo