SE LA MAFIA CAMBIA I SUOI MODI DI OPERARE

di NUCCIO FAVA* – Gravava una sorta di grande cupola mafiosa sulla città di Roma tutta, specialmente sugli affari del Campidoglio, anche quelli più delicati e importanti e una corruzione diffusa tra le stesse forze politiche e gli amministratori di destra e di sinistra. Tangenti, ricatti, estorsioni ed intimidazioni erano diventati strumenti ordinari per fare affari illeciti, ricercare consensi personali e di gruppo, scambio di voti, criminalità e illegalità diffuse. Verrebbe da dire: se ciò non è mafia, come tutta la stampa mondiale ha descritto l’opera di Carminati e Buzzi, con relativi complici, in questi anni, provate voi a trovare una diversa definizione.

E’ evidente che la mafia non è più quella delle origini, cambia modi di operare, di infiltrazione nei tessuti produttivi e politici di tutte le regioni, anche al nord, con l’obbiettivo di realizzare illeciti guadagni a danno delle pubbliche amministrazioni e dei cittadini. Le inchieste in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna costituiscono clamorosa conferma. Senza voler considerare i reticoli internazionali stesi oltre oceano, compresi Canada, Stati Uniti ed America Latina per traffici non solo di droga ma anche di commercio di armi. Da ultimo la mafia tenta l’inserimento sempre più insidioso nel traffico di vite umane in fuga dall’Africa disperata e nella stessa collocazione precaria degli immigrati sul nostro territorio.

Proprio su questo sfondo si collocava l’attività corruttiva del duo Carminati e Buzzi, condannati rispettivamente a venti e diciannove anni di carcere: intimidivano, truffavano, e corrompevano per finanziarsi sotto copertura di Cooperative sociali che, con complicità politiche ed amministrative, hanno ottenuto finanziamenti ingenti certo non destinati ad opere di beneficenza. Tragicamente il vero cupolone romano è diventato, anche sui media internazionali, questa immagine di Roma corrotta e corruttrice che ha contribuito al trionfo liberatorio dei Cinque Stelle. Significativamente la sindaca Raggi ha voluto presenziare alla lettura della sentenza e mi pare abbia detto cose di buon senso rimarcando la difficoltà del lavoro che l’attende.

Al contrario, nessuna presa di posizione significativa dalle forze politiche di destra e di sinistra, preoccupate soprattutto degli impegni elettorali di fine legislatura e della composizione delle liste. Devo aggiungere, però, una mia sorpresa, per il fatto che la maggior parte dei media hanno concentrato commenti e valutazioni sulla decadenza della qualifica di Mafia data dalla Procura romana ai misfatti accertati e alla severità delle pene irrogate agli esponenti politici gravemente implicati in tutta la vicenda. La lunga esperienza del procuratore Pignatone, proveniente da Reggio Calabria, la scrupolosa iniziativa svolta dai suoi vice durante il processo, rappresentano un comportamento che va comunque apprezzato. Vanno del resto lette le motivazioni della sentenza, il ricorso che ne seguirà e l’orientamento della suprema corte che già nel 2015 aveva riconosciuto l’impianto circa il carattere mafioso del processo.

Per certi versi si tratta di una mafia di tipo nuovo e capillare che versando danaro a destra e a manca corrompe e volge al proprio interesse azioni corruttrici che degradano il tessuto civile ed economico ben oltre i confini di Roma capitale. Il malaffare e la criminalità presenti a Roma e nel Lazio non sono stati certo del tutto debellati, ma sono di fronte ad un nuovo e intelligente contrasto che la Procura di Roma ha saputo mettere in campo, mostrando in modo esemplare che mafia e corruzione devono essere contrastati e battuti con una vigilanza ininterrotta. La lezione dovrebbe valere prima di tutto per le forze politiche ma anche per quei funzionari ed amministratori pubblici disponibili a farsi corrompere e coinvolgere in loschi affari. Danneggiati ne sono specialmente i cittadini comuni che devono per primi ergere un muro di resistenza a sopraffazioni e ingiustizie di ogni genere. Si tratta in sostanza di una possibile vittoria di civiltà che tutti dovremmo contribuire a costruire come opera di trasparenza e di correttezza, fondamento di ogni vera democrazia.

*Nuccio Fava è stato direttore del Tg1 e del Tg3 e delle Tribune politiche Rai

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