OSSERVATORIO INTERNAZIONALE/ Il punto debole del cambio di strategia di Putin verso l’Ucraina

di SERGIO SIMEONE* – Credo sia giunto il momento per Zelenski di fare il punto sull’andamento della guerra contro l’invasore russo per decidere, di concerto con i suoi indispensabili alleati (USA e UE), come procedere nella sua lotta per salvaguardare la libertà del suo Paese.

Sul piano militare i russi hanno dimostrato di ave fatto tesoro degli errori commessi nel primo anno di invasione: la linea Surovkin, allestita durante la pausa invernale, ha retto alla controffensiva ucraina, è migliorata la loro dotazione di armi ed è aumentato il numero di soldati impegnati nei combattimenti. Ciò è accaduto  anche perché Putin ha usufruito dei vantaggi tipici delle dittature: ha potuto operare una riconversione di buona parte dell’industria civile in industria bellica facendo subire ai cittadini russi un peggioramento della loro qualità di  vita e, avendo il monopolio dell’informazione, è riuscito a far credere ai suoi sudditi che la Russia sta conducendo una guerra patriottica perché aggredita dalla NATO, che usa  contro il suo paese i “nazisti” ucraini. Il risultato di questo recupero dell’esercito russo è che alla vigilia della pausa invernale si è determinata una situazione di stallo.

 Sul piano politico si cominciano ad avvertire segni di stanchezza nei Paesi alleati, anche se nell’ultimo consiglio dei ministri europeo, con l’approvazione della candidatura dell’Ucraina a membro della UE, è stato dato un chiaro segnale che tutta l’Europa sostiene la lotta dello sfortunato Paese.

Ma a destare le maggiori preoccupazioni ora è soprattutto l’approssimarsi delle elezioni presidenziali americane. Già ora Biden incontra notevoli difficoltà nel far approvare dalla Camera dei deputati, dove i repubblicani sono in maggioranza, il suo programma di aiuti  all’Ucraina di 60 miliardi di dollari. E’ facile immaginare che cosa potrebbe accadere se le elezioni dovessero essere vinte da Donald Trump. Il rischio di un totale disimpegno degli USA sarebbe molto forte, con la conseguenza che si creerebbe un gap tecnologico a favore della Russia che potrebbe essere determinante per l’esito  della guerra.

E’ perciò da prendere seriamente in considerazione la possibilità di chiudere con un onorevole compromesso questa terribile guerra e di porre fine al massacro di centinaia di migliaia di giovani vite e alle sofferenze disumane delle popolazioni civili. Lo spazio di tempo utile potrebbe essere quello che si aprirà dopo le elezioni russe e prima di quelle americane. Tutti gli sforzi bellici dell’Ucraina e dei suoi alleati dovrebbero essere perciò diretti ad impedire che si produca una contro-controffensiva russa affinché Zelensky possa sedersi al tavolo della pace da una posizione di forza.

C’è chi obietta che questa ipotesi comporterebbe qualche concessione territoriale a Putin,  che vedrebbe perciò premiata la sua decisione di invadere l’Ucraina e si sentirebbe di conseguenza incoraggiato nel portare avanti la sua politica imperialistica, così come Hitler si sentì incoraggiato ad intraprendere la seconda guerra mondiale dopo che Chamberlain gli concesse l’annessione dell’Austria e dei Sudeti.

E’ un paragone assolutamente fuori luogo. Occorre, infatti, ricordare che Hitler conseguì il suo obiettivo senza pagare alcun prezzo in termini di perdite, ma con le semplici minacce, mentre ben più alto è il prezzo che sta pagando Putin. Quale era, infatti, il suo originale progetto? Occupare Kiev con un blitz, annientare il governo ucraino, eliminare il suo presidente e nominare un nuovo presidente a lui fedele che avrebbe fatto diventare l’Ucraina uno Stato vassallo come la Bielorussia di Lukashenko. Gli USA, pensava l’autocrate del Cremlino, dopo la disastrosa ritirata dall’Afghanistan, si sarebbero guardati bene dal cacciarsi in una nuova avventura al di fuori dei loro confini, e i Paesi europei, resi dipendenti per le loro industrie dal gas russo, si sarebbero limitati a deprecare l’invasione senza muovere un dito.

Tutto questo non è accaduto: il blitz dei paracadutisti russi per impadronirsi dell’aeroporto di Kiev è fallito, Zelensky non è scappato, i 60 chilometri di blindati in marcia verso Kiev sono stati distrutti o dispersi, gli USA e l’Europa non si sono voltati dall’altra parte e l’esercito ucraino è riuscito a respingere i russi al di là del Dniepr nelle regioni russofone , sono morti centinaia di migliaia di giovani russi, la NATO si è rafforzata con l’acquisizione di nuovi  membri.

Ce ne è abbastanza per scoraggiare Putin dal tentare in futuro nuove avventure e permettere a Zelensky di andare a testa alta al tavolo delle trattative.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil.

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