ORA DI PUNTA/ Copia, incolla e prometti

di ENNIO SIMEONE – Che le campagne elettorali, da sempre, si giochino soprattutto sulle mirabolanti promesse delle forze politiche e in particolare dei loro esponenti più spregiudicati è cosa scontata. Ciononostante l’esperienza dimostra che una parte dell’opinione pubblica (e quindi dell’elettorato) finisce per cascarci, come dimostrano i risultati dell’ultima consultazione politica nazionale: le elezioni europee del maggio 2014.

In quel caso Matteo Renzi – appena reduce dalla defenestrazione, prima di Bersani dalla carica di segretario del Pd (dopo il vile siluramento di Prodi dalla competizione per il Quirinale) e, subito dopo, di Enrico Letta da Palazzo Chigi con la compiacenza  del “prorogato” presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – riuscì a raggiungere oltre il 40 per cento dei consensi trasformando in “bonus” di 80 euro per alcuni milioni di famiglie quello che invece era nato in Consiglio dei ministri come media dello sgravio fiscale proporzionale sul costo del lavoro. Così, un provvedimento che avrebbe potuto avere un effetto positivo a sostengo dell’occupazione venne trasformato da Renzi – nei pochi minuti impiegati per passare,  dall’aula del Consiglio dei ministri a quella della conferenza stampa – in una vera e propria mancia elettorale, un’operazione da manuale del voto di scambio attuata con denaro pubblico, ma soprattutto in un atto di ingiustizia sociale nei confronti delle categorie più bisognose e in un tradimento della finalità economica che si persegue invece agendo sul cuneo fiscale.

Nessuno, tra coloro che avrebbero potuto e soprattutto dovuto farlo (sinistra politica e sindacati), ebbe il coraggio di denunciare questo trucco. Ci sono voluti tre anni di governo Renzi perché una parte dell’opinione pubblica ne prendesse coscienza se sono veritieri i sondaggi che segnano quasi il dimezzamento di quei consensi. Ma l’ideatore e protagonista del trucco non si arrende e insiste nella propaganda del bonus inventandone uno dopo l’altro (come quello per i bebè). E addirittura fa proseliti in campo avverso. E siamo al paradosso di un Berlusconi che copia il precario reddito di cittadinanza dei Cinquestelle e lo incolla sul suo programma elettorale cambiandogli solo il nome in reddito di dignità.

Quale dignità? Quella che manca ai nostri cacciatori di voti.

 

Commenta per primo

Lascia un commento