di Francesco Maria Provenzano/
Martedì 26 marzo l’Aula ha iniziato i lavori alle ore 12 e la Conferenza dei Capigruppo ha approvato modifiche al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori fino al 3 maggio: l’esame del ddl su reddito di cittadinanza e pensioni inizierà domani mattina alle ore 9,30. Dal 2 al 4 aprile saranno esaminati i ddl sul giudizio abbreviato e la class action; la settimana dall’8 al 13 aprile sarà riservata ai lavori delle Commissioni; dal 16 al 19 aprile saranno esaminati, ove conclusi in Commissione, i ddl sulla videosorveglianza, sul salario minimo orario e il decreto-legge stabilità; gli argomenti non conclusi proseguiranno nella settimana dal 29 aprile al 3 maggio, mentre la settimana dal 23 al 27 aprile sarà dedicata alle Commissioni. Il calendario potrà essere integrato con il Documento di economia e finanza.
L’Assemblea ha discusso e respinto le proposte di questioni pregiudiziali riferite al ddl n. 1018-B (decreto-legge su reddito di cittadinanza e pensioni). Il senatore Carbone (FI), nell’illustrare la questione pregiudiziale QP1, ha rilevato che il provvedimento è ampio, contiene disposizioni di natura ordinamentale e numerose norme attuative, indice della insussistenza del requisito di straordinarietà e urgenza; la norma sulla stabilizzazione del personale ANPAL contrasta con il principio costituzionale dell’accesso mediante concorso all’amministrazione pubblica; il reddito di cittadinanza rappresenta una misura assistenzialista, in contrasto con il dovere costituzionale di svolgere un’attività per concorrere al progresso della società, è finanziato in deficit, non risolve il problema della povertà ma la stabilizza; l’intervento sulle pensioni rischia di creare un ulteriore debito pensionistico.
Laus (PD), nell’illustrare la pregiudiziale QP2, ha osservato che il reddito di cittadinanza è una misura ibrida e confusa, che sovrappone contrasto alla povertà e reinserimento lavorativo, si basa su politiche assistenziali e non favorirà la crescita dell’occupazione, penalizza le famiglie soprattutto se numerose e con bambini, premiando i nuclei di un solo componente; penalizza inoltre i disoccupati percettori di NASpI e, con una norma di dubbia costituzionalità, gli stranieri; enti locali e terzo settore sono privati del ruolo finora svolto; la pena prevista per dichiarazioni false è sproporzionata; quota cento non è una riforma strutturale ma una misura una tantum molto costosa che non risolve i problemi del lavoro usurante e della discontinuità contributiva. Errani (Misto-LeU) ha dichiarato contrarietà alle pregiudiziali: sebbene il decreto presenti limiti, un provvedimento contro la povertà è necessario. Hanno dichiarato voto favorevole la senatrice Malpezzi (PD) e Floris (FI). La seduta è terminata alle ore 13:30.
Mercoledì 27 -LAula ha iniziato i lavori alle ore 9:30 e l’Assemblea ha avviato l’esame del ddl n. 1018-B, conversione in legge del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, approvato dal Senato e modificato dalla Camera. La relatrice, senatrice Catalfo (M5S), riferendo sul capo I, ha ribadito che il reddito di cittadinanza, necessario a salvaguardare la coesione sociale in un Paese con un elevato tasso di povertà assoluta e relativa, è una misura di sostegno proattiva volta al reinserimento sociale e lavorativo, in linea con il pilastro sociale europeo; ha quindi riferito che sono già pervenute 500.000 domande da regioni del Nord e del Sud. La Camera ha introdotto modifiche per facilitare l’accesso ai pensionati, alle persone con disabilità e ai lavoratori poveri (definizione di offerta congrua, restituzione dell’incentivo in caso di licenziamento, esonero contributivo per contratto di apprendistato, collocamento dei disabili, pensione di cittadinanza, registrazione delle competenze acquisite sulla piattaforma digitale, innalzamento della scala di equivalenza nelle famiglie con componenti non autosufficienti, assunzioni di personale nei centri per l’impiego e nella Guardia di finanza). La relatrice, senatrice Nisini (L-SP), ha riferito sulle modifiche introdotte al capo secondo, che riguarda il diritto, per il triennio 2019-2021, a conseguire, per alcune categorie di lavoratori, la pensione anticipata in presenza di un requisito anagrafico pari a 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni (cosiddetta quota 100). Le relatrici di minoranza, Toffanin (FI) e Parente (PD), hanno evidenziato che alcuni correttivi, relativi ai nuclei con persone con disabilità, sono stati proposti dall’opposizione. Hanno inoltre ribadito le critiche già formulate in prima lettura: il reddito di cittadinanza è una misura assistenziale ibrida, che confonde il sostegno al reddito con le politiche attive per il lavoro; il provvedimento è finanziato a debito e ha un impatto gravoso sulla finanza pubblica; quota cento non è una riforma strutturale del sistema previdenziale né un’abrogazione della legge Fornero ma una costosa misura una tantum che genera disparità.
Alla discussione generale hanno partecipato i senatori Siclari, Aimi, Caliendo, Paola Binetti, Mangialavori, Floris (FI); Nadia Pizzol, Roberta Ferrero (L-SP); Manca, Laus (PD); Marco Pellegrini, Patty L’Abbate (M5S); Martelli (Misto) e Balboni (FdI). Favorevole al reddito di maternità, all’aumento delle pensioni minime e alla decontribuzione per le assunzioni, FdI ha annunciato che promuoverà un referendum per abrogare il provvedimento che rappresenta una forma di pubblicità ingannevole e favorirà 240.000 famiglie di stranieri. Secondo Martelli (Misto) il reddito di cittadinanza dovrebbe essere una misura di sostegno autonoma, finanziata con la tassazione dei patrimoni, mentre una riforma strutturale e sostenibile delle pensioni richiederebbe una riduzione dell’orario di lavoro.
In replica la senatrice Catalfo (M5S) ha ricordato che reddito di cittadinanza e quota cento fanno parte del programma di M5S e del contratto di Governo, che il provvedimento ha una portata storica anche perché implementa le piattaforme informatiche e investe sui centri e i servizi per l’impiego, e che anche in Germania i servizi sociali sono collegati ai centri per l’inserimento lavorativo. La senatrice Nisini (L-SP) ha sottolineato che, nonostante le diverse sensibilità, le forze di maggioranza hanno elaborato un provvedimento giusto, che dà respiro al mondo del lavoro. Sulla questione dei “furbetti” ha ricordato gli emendamenti approvati sui cambi di residenza e sulla certificazione dei beni dei cittadini extracomunitari.
Respinti tutti gli emendamenti, si è passati alle dichiarazioni di voto finale. Il senatore Steger (Aut) ha annunciato l’astensione: pur essendo contrario a quota cento e convinto che i centri per l’impiego non funzioneranno, il Gruppo ha apprezzato la clausola di salvaguardia che consente di optare per il reddito di inserimento regionale. Il senatrice Laforgia (Misto-LeU), nell’annunciare l’astensione, ha evidenziato le lacune del provvedimento, che non offre alcun sostegno alle persone senza fissa dimora e ai minori poveri, non stabilizza i precari dell’ANPAL, non risolve il problema degli esodati. Bertacco (FdI), Patriarca (PD) e Vitali (FI) hanno annunciato voto contrario: il decreto è finanziato in deficit, non tiene in considerazione i contributi delle audizioni, non riforma il welfare e dimentica la sussidiarietà, ignorando i servizi del territorio e le reti di terzo settore; quota cento è misura transitoria per pochi fortunati.
Hanno annunciato voto favorevole Tosato (L-SP) e Susy Matrisciano (M5S): la Lega ha ironizzato sulle critiche dell’opposizione, che lamenta insufficienze dopo aver approvato la legge Fornero e dopo aver promesso, in campagna elettorale, reddito di inclusione e reddito di dignità; il provvedimento risponde a esigenze di giustizia, non elargisce denaro a pioggia ma investe sula formazione e incentiva le assunzioni. M5S ha ribadito che il provvedimento investe sul lavoro risorse senza precedenti e inverte la tendenza a sacrificare la dignità dei lavoratori sull’altare del profitto e della globalizzazione. Il combinato disposto di reddito di cittadinanza e salario minimo avrà effetti positivi anche sul rilancio dei consumi, mentre quota cento consentirà il pensionamento anticipato di un milione di persone favorendo il ricambio generazionale.
Con 150 voti favorevoli, 107 contrari e 7 astensioni, l’Assemblea, ha approvato, in via definitiva, il ddl di conversione del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni (A.S. n. 1018-B). La seduta è terminata alle ore 18:30.
Giovedì 28 l’Aula si è riunita alle ore 9:30 con il seguente ordine del giorno: la discussione del ddl n. 5, 199, 234, 253, 392, 412, 563 e 652-B, recante modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa, approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati. La Commissione Giustizia ne ha concluso l’esame il 13 marzo, conferendo mandato al presidente Ostellari (L-SP-PSd’Az) a riferire favorevolmente in Assemblea.
Con 201 voti favorevoli, 38 contrari e 6 astensioni l’Assemblea ha approvato in via definitiva il ddl modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa. Il relatore, Ostellari (L-SP), ha riferito che la Camera ha modificato soltanto l’articolo 8, comma 1, per adeguare la copertura finanziaria nel triennio 2019-2021 della spesa per la difesa di persone nei cui confronti è emesso provvedimento di archiviazione o sentenza di proscioglimento nel caso di legittima difesa. Il relatore ha affermato che il testo è equilibrato: non sostituisce lo Stato con l’individuo e non trasforma il domicilio privato in un far west sottratto alla giurisdizione, ma muove dalla differenza tra offesa e difesa per riconoscere il diritto di reagire a una minaccia concreta nella propria dimora.
Alla discussione generale hanno partecipato Balboni, Isabella Rauti, Stancanelli, Daniela Garnero Santanché (FdI); Fiammetta Modena, Aimi, Dal Mas, Caliendo (FI); Pillon, Pepe (L-SP); Cucca (PD); Lucidi (M5S). FI e FdI hanno preannunciato voto favorevole, pur considerando il ddl insufficiente. In particolare, FI ha sottolineato la natura parlamentare del ddl, esito di una mediazione tra diverse proposte di legge; FdI ha evidenziato che la legittima difesa non diventa un diritto ma una scriminante: rimane necessario l’accertamento del fatto da parte del magistrato che valuterà la proporzionalità tra difesa e offesa. Secondo il PD, invece, il ddl abolisce il criterio di proporzionalità tra difesa e offesa e autorizza l’uso delle armi, mentre sarebbe stato sufficiente intervenire sull’eccesso colposo di legittima difesa. L-SP e M5S hanno rilevato che il ddl non garantisce impunità, non sostituisce il cittadino allo Stato e non interviene sulla disciplina delle armi, ma stabilisce regole chiare e certe per impedire che l’aggredito sia sottoposto a un calvario giudiziario. Il sottosegretario per la Giustizia, Morrone, ha ricordato che il ddl mira a correggere una asimmetria tra tutela dell’aggressore e tutela dell’aggredito, amplia l’ambito di applicazione della legittima difesa, introduce una presunzione di legittima difesa nel domicilio domestico, aumenta le pene per i furti in abitazione.
Nelle dichiarazioni di voto Laforgia (Misto-LeU) e Mirabelli (PD) hanno annunciato voto contrario: la legittima difesa è già prevista nell’ordinamento, il ddl è propagandistico e veicola un messaggio pericoloso e paradossale, mina lo Stato di diritto e invita i cittadini ad armarsi e difendersi da soli.
Hanno annunciato voto favorevole i senatori La Russa (FdI) e Gasparri (FI), che hanno accusato la sinistra di ignorare il fenomeno delle rapine con aggressione in appartamenti, Romeo (L-SP), che ha giudicato scorrette le critiche del PD, e Gelsomina Vono (M5S), che si è soffermata sulle correzioni necessarie all’intervento legislativo del 2006, a fronte dei casi aberranti di aggrediti costretti a risarcire gli aggressori e ha richiamato i principi di legalità e il diritto all’autotutela, si è soffermata sulle correzioni necessarie all’intervento legislativo del 2006, a fronte dei casi aberranti di aggrediti costretti a risarcire gli aggressori.
La seduta è terminata alle ore 13:00. L’Aula del Senato tornerà a riunirsi martedì 2 aprile alle ore 16:00 con all’ordine del giorno discussione su disegni di legge.
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