Ma chi c’è nel mirino della Presidente?

di ENNIO SIMEONE Giorgia Meloni nel discorso al Parlamento per chiedere la fiducia al suo governo ha dato prova di una consumata abilità, ben superiore a quella che le si poteva riconoscere fino ad ieri. Il che fa presumere che  – benché si possa presumere che si sia avvalsa dei suggerimenti, dei consigli e dei contributi di abili consiglieri e suggeritori – abbia saputo farne buon uso con furbesca traduzione e adattamento. In proposito basti pensare all’idea di citare i nomi di donne che hanno avuto ruoli e vicende importanti nella storia recente del nostro paese, anche se elencarne solo i nomi di battesimo ha provocato la cancellazione nei resoconti giornalistici, di qualche figura illustre come quella della prima presidente donna della Camera dei deputati, Nilde, il cui cognome, Jotti, forse avrebbe aiutato qualche giovane cronista ad identificarla come la storia esponente del Partito Comunista.

Ma il più velenoso proposito contro la forza politica che, evidentemente, la sua compagine governativa teme di più è emerso quando, riferendosi agli interventi contro la povertà, ha lanciato subito un attacco al Reddito di cittadinanza (non proponendo di modificarlo, il che sarebbe comprensibile, ma di abolirlo), attacco seguito a stretta distanza dall’accusa di gestione illiberale della lotta al covid e addirittura reclamando una inchiesta giudiziaria sulle responsabilità per le morti durante la pandemia in Italia, che è stato il primo paese dove il contagio è arrivato dalla Cina e nulla si sapeva di questo morbo nel mondo. A meno che la Meloni non punti agli amministratori della Lombardia, il cui capo sedeva alla sua destra durante il discorso.

Commenta per primo

Lascia un commento