Elezioni abruzzesi: chi vince, chi perde e chi manipola

di ENNIO SIMEONE –  Nei vari commenti ai risultati delle elezioni regionali dell’Abruzzo  si sta assistendo a una serie di manipolazioni non degne di un giornalismo che si premuri di informare correttamente l’opinione pubblica. Perché in realtà dei tanti dati, nel raffronto con le consultazioni precedenti, ce n’è uno solo incontestabile: quello che riguarda la crescita della Lega, che è passata dallo zero assoluto delle regionali del 2014 al 27,8 di domenica scorsa (passando per il 13% del 4 marzo 2018). Ed è balzo che ha consentito alla coalizione del centrodestra (formata da 5 liste) di aggiudicarsi maggioranza consiliare e presidenza.

Del tutto mistificati, invece, su giornali e televisioni i confronti con le precedenti consultazioni riferiti al centrosinistra (8 liste di varia colorazione e provenienza) e al Movimento 5 stelle. Soprattutto, ma non solo, a quest’ultimo. Nei titoli si parla in genere di «tracollo», perché si fa riferimento esclusivamente alle ultime elezioni politiche, quando i Cinq uestelle ottennero il 39%, ben sapendo che questo movimento nelle elezioni amministrative, anche perché si presenta da solo, senza coalizioni, ottiene esiti clamorosi soltanto in caso di ballottaggi a due. Se invece si fa, come si dovrebbe, il raffronto con le analoghe elezioni regionali precedenti, non vi è stato, sì, un piccolo calo, nessun tracollo essendo passato dal 21% del 2014 al 20,2% di ieri per la candidata alla presidenza (sempre la stessa persona: Sara  Marcozzi) e al 19,7% per la lista.

Di «tracollo», invece, si dovrebbe parlare per il Pd, la cui lista dal 25,5% delle regionali del 2014 è scesa all’11,3% di ieri, mentre il candidato presidente, che nel 2014 ottenne oltre il 46%, ieri ha ottenuto il 31,2.

Evitiamo di soffermarci sul «trionfo» di Berlusconi, che ha visto la lista di Forza Italia scivolare dal 16,7% di cinque anni fa al 9,2 di domenica scorsa, a beneficio soprattutto della Lega di Salvini e, un po’, anche dei Fratelli d’Italia della Meloni.

In questo panorama ha un effetto esilarante il commento dell’intraprendente Carlo Calenda. Il quale esulta dichiarando che «il fronte che vada oltre il Pd paga». Il «fronte» sarebbe l’ammucchiata di 8 liste nelle quali c’è di tutto? L’ex segretario reggente del Pd Maurizio Martina gli fa eco compiaciuto. Salvini ringrazia.

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