E se i profughi fossero un affare per l’Isis?

di GIOVANNI PEREZ – Sia pur usando il condizionale e un lessico dubitativo, ma in fondo ammettendo finalmente ciò che i nostri servizi segreti sapevano da tempo, come i nostri ministri, alla fine il governo ha dovuto ammettere la verità: è l’Isis che gestisce il traffico di profughi nel Mediterraneo, spogliandoli di tutto il denaro. Ma non basta, il secondo obiettivo dei jihadisti, oltre a quello di finanziarsi con i soldi dei profughi, è quello di destabilizzare l’Europa invadendola con una massa crescente di affiliati o seguaci. Si tratta di un disegno criminale messo in atto da menti diaboliche, sicure della sua riuscita, facendo leva sullo spirito umanitario e solidaristico di un popolo cattolico come quello italiano. Perché il piano riesca – hanno calcolato gli uomini dell’Isis – è però necessario che sia evitato ogni spargimento di sangue che possa ricondurre all’Isis; un sanguinoso attentato avrebbe come conseguenza da parte dell’opinione pubblica italiana, un rigetto di tutti gli immigranti e quindi l’interruzione degli sbarchi. Niente più barconi equivarrebbe per il Califfato ad interrompere una preziosa fonte di denaro da integrare a quella derivante dalla vendita sottobanco di petrolio a buon prezzo; un taglio di denaro con la conseguente impossibilità di pagare lautamente i tagliagole del suo esercito assetato di soldi.  Ma perché tutto funzioni senza intoppi – hanno sempre calcolato le menti del Califfato –  era necessario che della partita facessero parte anche i libici, compresi gli equipaggi della loro guardia costiera. Inutile a questo punto ricordare – ironia della sorte – che l’Italia sta regalando numerose motovedette che serviranno ai mercanti di schiavi per svolgere ancor meglio  i loro loschi traffici, non certo ad impedirli.

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