Unioni civili: i senatori Pd cercano di mettere riparo ai danni fatti dall’arroganza di Renzi

ZandaREDAZIONE – L’arrogante intransigenza di Renzi – che ha portato la legge Cirinnà sulle unioni civili ad arenarsi in parlamento perché il capo del Pd e del governo non ha concesso margini a coloro (sia nelle opposizioni, sia nella maggioranza e nel suo stesso partito)  che mirano legittimamente a migliorarla (almeno dal loro punto di vista) – ha indotto il gruppo parlamentare del Pd a prendere    tempo chiedendo che l’esame del testo slitti a mercoledì 24, ma non si escluda che venga trasmesso, come vuole la prassi, alla commissione, alla quale è stata sottratta. L’altolà è stato di fatto determinato dal rifiuto del M5s di piegarsi alla forzatura che i vertici del Pd volevano imporre con il “canguro”, cioè un super-emendameto firmato dal solito Andrea Marcucci che cancellava tutti gli emendamenti di tutti i gruppi alla legge, impedendo un esame adeguato del testo anche per la parte che riguarda la contestata stepchild adoption. Insomma Il Pd si è trovato senza più una maggioranza a sostengo della legge.

Ora il rinvio dovrebbe servire al Pd per mettere in atto una serie di iniziative e  contatti con gli altri gruppi al fine di trovare una soluzione onorevole e ragionevole. E’ quanto è emerso nella riunione dell’ufficio di presidenza del gruppo Dem a Palazzo Madama riunito dal presidente Luigi Zanda (foto), nel quale sono emerse alcune ipotesi da percorrere. La prima decisione è che non sarà il Pd a proporre lo stralcio dell’articolo 5 del ddl Cirinnà, chiesto da Ap ma anche dai cattodem e da un gruppo di senatori laici dem. L’obiettivo è far votare il provvedimento articolo per articolo, dopo di che se quello con la stepchild adoption verrà cassato o modificato con emendamenti, sarà stata l’Aula a farlo e non avverrà per iniziativa preventiva del gruppo.

L’altra ipotesi è di proporre uno “spacchettamento” della legge, mettendo ai voti separatamente la parte sull’articolo 5 e la parte riguardante gli altri articoli. Questo permetterebbe, una volta approvato una sorta di “canguro ridimensionato”, di far decadere alcune decine di emendamenti della Lega, anche essi “mini-canguri”, che vanno votati a scrutinio segreto. Va però verificato se lo “spacchettamento” è sufficiente a recuperare i voti di Ap oltre a quelli dei cattodem. Su quelli di M5s non si fa più affidamento, ed eventualmente saranno aggiuntivi.

Altra ipotesi ancora sarebbe un disarmo bilaterale di tutti gli emendamenti-canguro. Qualcuno suggerisce che il presidente Pietro Grasso, magari attraverso la convocazione della Giunta del Regolamento, dichiari inammissibili questo tipo di emendamenti. Oppure andrebbe siglata un’ intesa con la Lega per il ritiro congiunto del Marcucci e degli emendamenti-canguro del Carroccio, anche se in questo momento la Lega non sembra ben disposta. In ogni caso, in attesa di una iniziativa di Renzi nella sua veste di segretario, il gruppo prenderà contatti con gli altri gruppi, da Ap alla Lega, da Sel a Fi.

La senatrice Cirinnà chiama in causa direttamente Renzi, attribuendo velatamente alla sua fretta il fallimento dell’operazione. Dice conversando con i giornalisti: “Il 2081 (cioè il disegno di legge sulle unioni civili ora all’esame all’aula del Senato) lo abbiamo scritto, nella sua ultima versione, per rispettare la scadenza voluta da Renzi del 15 ottobre, io, Tonini e Lumia nella stanza di Tonini. E questa versione rappresentava l’accordo raggiunto nel Pd sulla materia. Era nel totale rispetto del programma di governo. Lo so che ho sbagliato a fidarmi del Movimento 5 Stelle e pagherò per questo. Mi prendo la mia responsabilità politica di essermi fidata di loro. Concluderò la mia carriera politica con questo scivolone. Ne prendo atto”.

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