Renzi reagisce male al proposito di Bersani di votare NO al referendum

Bersani e RenziMatteo Renzi reagisce male alla intervista di Pierluigi Bersani al Corriere della sera con la quale ha fatto sapere che annuncerà domani alla Direzione del Pd la sua decisione di votare NO al referendum sulla riforma costituzionale. Intervenendo all’Arena di Massimo Giletti su Rai1,  gli ha rinfacciato – dopo la solita ipocrita premessa di rito “rispetto le posizioni di tutti” – che “Bersani ha votato per tre volte la riforma in parlamento“, omettendo che l’ex segretario del Pd lo ha motivato il suo voto come atto di disciplina di partito e che lo ha comunque condizionato al cambiamento della legge elettorale Italicum. A questa richiesta Renzi per mesi ha detto no, poi ha dichiarato “disponibilità” ma senza alcun atto concreto.

Poi Renzi  – come si dice in romanesco – l’ha buttata in casciàra, accusando Bersani di “votare per antipatia” e di “dimostrare scarsa visione del paese”. Ma successivamente, per non smentire la sua consuetudine al trucco e agli opportunistici bruschi cambiamenti di rotta,  ha smentito che se vince il No ci saranno chissà quali disastri e ha detto testualmente: “Molti fanno scenari foschi; ma io semplicemente dico che se vince il No non cambia niente, non dico che arriverà la peste, continueremo con gli stessi numeri e gli stessi costi”. Il riferimento è ai presunti risparmi che si otterrebbero abolendo il bicameralismo paritario e introducendo il bicameralismo confusionario, cioè non abolendo il Senato ma facendolo diventare un sorta di “secondo lavoro” per un centinaio di sindaci e consiglieri regionali non eletti dai cittadini ma nominati dai capi partito.

L’intervista di Bersani. Alla giornalista Monica Guerzoni che lo intervistava Pierluigi Bersani ha detto tra l’altro: «Renzi proverà a stanarmi con una proposta sull’Italicum? Chiacchiere. Riteneva questa legge elettorale perfetta, tanto che la face approvare dal parlamento ponendo la questione di fiducia. E ora non mi venga a dire che darà l’incarico ai capigruppo Zanda e Rosato di trovare un sistema migliore. Non mi si può raccontare che gli asini volano». A nessuno può sfuggire, dice Bersani, a che cosa porta il “combinato disposto» tra riforma costituzionale e Italicum. Poi fa una considerazione molto amara: «Se parlo fuori (riferendosi ai dibattiti cui partecipa) è perché nel Pd non si può. In un anno e mezzo non ho mai avuto occasione di discutere di riforme nel partito. E dire che un po’ ci capisco».

Si sente messo da parte, come D’Alema?- chiede l’intervistatrice. E lui risponde: «Anche con me non sono andati per il sottile, sono stato trattato come un rottame. Non ho ragioni per difendere D’Alema, ma deve esserci un limite a questa cosa volgare del vecchio e nuovo, che riguarda le idee e i protagonisti di una stagione. Nell’Ulivo c’erano anche idiosincrasie e liti furibonde, ma perbacco c’era una cosa da tenere assieme e c’era il rispetto, tanto che D’Alema propose Veltroni segretario e Prodi presidente della Commissione europea».

 Domanda: Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti ha mancato di rispetto a d’Alema? Risposta: «Quando questo Lotti dice a D’Alema che è accecato dall’odio per una poltroncina va fuori dal seminato. C’è un limite, perché se sei dove sei c’è sempre qualcuno che ti ci ha portato. Invece ora tutto quello che c’è prima è da sputarci su…».

La Guerzoni obietta: Però  la riforma non cambia la forma di governo. Bersani spiega: «Da sola no, ma in combinazione con la legge elettorale la cambia radicalmente. Si va verso il governo di un capo, che nomina sostanzialmente un Parlamento che decide tutto, anche con il 25% dei voti».

Poi Bersani tocca un nervo scoperto di Renzi quando la giornalista gli chiede se sta già pensando al congresso del Pd. «Al congresso – dice – sosterrò la tesi che non si può tenere assieme gli incarichi di segretario e di premier. Vorrei che il Pd si accorgesse dei rischi, separasse le funzioni e mettesse questo gesto a disposizione di un campo largo di centrosinistra». E poi un allarme: «Se passa il Sì, temo che Renzi prenda l’abbrivio e vada dritto con l’Italicum. Ma non sono disposto a mettere in mano il sistema a quella roba inquietante che sento venir su dal profondo del Paese». «A turbarmi – precisa –  non è Grillo ma il fatto che la globalizzazione ha portato un aumento bestiale delle disuguaglianze. La sinistra deve trovare una nuova piattaforma di base di diritti del lavoro. La ricetta? Welfare, fedeltà fiscale, basta bonus e voucher». Perciò «c’è una urgenza estrema di organizzare un campo largo di centrosinistra».

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