Bloccare i colpi di coda del rottamatore in disgrazia

di ENNIO SIMEONE/ 

Due sondaggi – uno di Repubblica, l’altro del Giornale (quindi due fonti insospettabilmente diverse) – concordano nel rilevare senza ombra di dubbio il calo di popolarità e di consensi di Renzi e, di conseguenza, del suo governo e del suo partito. Un calo di proporzioni tali da superare persino la curva discendente disegnata dalle ultime elezioni amministrative: oltre il 9 per cento in meno rispetto al tanto strombazzato 40,8% delle elezioni europee del maggio 2014. L’uomo solo al comando si sta rivelando dunque, anche agli occhi dei più sprovveduti, per quello che è: un bluff costruito con furbizia e arroganza sulla demagogia e sui fuochi d’artificio delle soluzioni facili e veloci a problemi che richiedono invece robustezza culturale e istituzionale, competenza e serietà.

Il guaio però è che il dittatorello fiorentino si propone di reagire con un comportamento che ha sintetizzato nella formula “ritorno al Renzi 1”, cioè una accentuazione della frenesia rottamatrice che aveva aperto in molti italiani creduloni la speranza di un rinnovamento e di un cambiamento di rotta. Quindi, per rimediare ai danni fatti in questo anno di governo al paese e al suo stesso partito, lui si propone di farne altri, con dei pericolosi colpi di coda, dando in pasto all’opinione pubblica dei capri espiatori (come il sindaco di Roma o la sinistra pd) per coprire le sue colpe e le sue incapacità e parallelamente collocando in posti di potere altri uomini di fiducia, diventati tali solo per convenienza e opportunismo, non certo sotto la spinta di motivi ideali.

La conseguenza sarà la progressiva e irreversibile rottamazione del Pd e dell’originario  progetto di governo su cui era nato. Per scongiurare questo triste epilogo non possono valere le mezze misure adottate finora dalla minoranza, come è deleteria la frantumazione delle varie anime della sinistra italiana. E’ urgente e salutare per l’Italia e per il Pd porre fine, prima che sia troppo tardi, e quindi anche con una traumatica crisi di governo, alla perniciosa “era renziana”. I danni che ne possono derivare sono senz’altro minori di quelli che potranno derivare dalla permanenza di questo personaggio alla testa del partito (ancora) di maggioranza e del governo.

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