REFERENDUM TRIVELLE/ Chi ha vinto e chi ha perso: la risposta è in quei 16 milioni di italiani alle urne

Referendum trivelledi ENNIO SIMEONE – Il referendum indetto da 9 regioni italiane per chiedere lo stop alle trivellazioni petrolifere nei nostri mari entro le 12 miglia dalla costa alla scadenza delle concessioni ha fatto registrare una partecipazione di oltre il 31% dei 50 milioni e 675mila aventi diritto al voto; quindi – non essendo andati alle urne almeno il 50% degli elettori – non è valido. In realtà, quando è stato completato lo spoglio in tutte le 61mila e 900 sezioni elettorali, a notte inoltrata, l’esito ufficiale è stato il seguente:

Elettori aventi diritto al voto (compresi i residenti all’estero) 50.675.406

Votanti 15.806.788, pari al 31,19%

Hanno votato SI 13.334.764, pari all’85,84%

Hanno votato NO 2.198.805, pari al 14,16%

Schede bianche 104.420, pari allo 0,66%

Schede nulle 168.138, pari all’1,06%

Schede contestate e non assegnate 663.

Tra tutte le regioni solo in Basilicata è stato superato il quorum con oltre il 50% dei votanti; la percentuale più bassa si è avuta in Trentino Alto Adige.

Poiché il presidente del Consiglio-segretario del Pd, Matteo Renzi, si è fatto promotore della astensione, ostinandosi anzi a trasformare questo referendum – che aveva tutt’altro obiettivo –  in una competizione squisitamente politica tra chi è con lui e chi è contro di lui, si può affermare (anche se non era affatto questa l’intenzione dei promotori e degli elettori)  che hanno “disobbedito” alla sua direttiva quasi 16 milioni di cittadini, cioè molti di più di quanti furono i voti ottenuti dal suo partito alle elezioni europee di due anni fa. Ma, poiché tra coloro che sono andati a votare ci sono anche esponenti e semplici iscrittti o aderenti al Pd (alcuni dei quali hanno detto di essere per il “no”, come Prodi, Bersani o Giachetti, candidato a sindaco di Roma) e personalità come il presidente della repubblica Mattarella e i presidenti del Senato e della Camera, Grasso e Boldrini, se prendiamo solo i “sì”, il numero di questi è pari ai voti ottenuti dal Pd nelle europee.

Ecco perché hanno sbagliato quei giornali che stamattina si sono affrettati a fare titoli basati sulla equiparazione: è mancato il quorum, ha vinto Renzi. Ha ragione, invece, il presidente Pd della Regione Puglia, Michele Emiliano, nell’affermare che il referendum ha segnato una vittoria di chi lo ha promosso. E ha ragione per due motivi: il primo è che la semplice promozione di questo referendum aveva già costretto il governo a cambiare 5 delle 6 regole sulle trivellazioni; la seconda è che su un argomento tanto tecnico e di così difficile presa sull’opinione pubblica, oltre che riferito a un ambito territoriale molto limitato, era difficile che si potesse avere una mobilitazione massiccia, che pure c’è stata.

Il nervosismo e l’astio dimostrati da Renzi in una conferenza stampa, senza contraddittorio ma a reti unificate, tenuta appena pochi minuti dopo la chiusura dei seggi, sono la prova della sua delusione per come sono andate le cose, tanto da aver ripetuto contro i promotori una valutazione autolesionista (che è stato sconfitto chi “ha voluto la conta”, cioè proprio lui) e una accusa falsa, cioè quella di aver fatto spendere 300 milioni per una consultazione “inutile”. Sfacciata quest’ultima, perché a far spendere quei 300 milioni è stato proprio lui, che si è rifiutato di abbinare il referendum alle elezioni amministrative del 5 giugno (e quindi sarebbe risultato a costo zero) al solo scopo di farlo fallire. E non ha mai spiegato quali siano i veri motivi per cui ha voluto che fallisse. Forse la spiegazione verrà dall’inchiesta della magistratura della Basilicata che ha portato alle dimissioni di Federica Guidi da ministro del suo governo.

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