OSSERVATORIO AMERICANO/ di DOMENICO MACERI/ Trump a Jeb Bush: “Devi parlare solo inglese!” 

di Domenico Maceri*/Domenico Maceri

“Dovrebbe servire da esempio e parlare inglese negli Stati Uniti”. Con queste parole Donald Trump ha criticato una recente intervista in spagnolo concessa da Jeb Bush durante una visita a Miami, Florida. Come fa in tutto quello che tocca, Trump rimane alla superficie cogliendo solo ciò che le impressioni più superficiali gli permettono di fare. Secondo lui, in America bisogna parlare inglese perché questa è la lingua del Paese. Eppure, la storia americana è caratterizzata dal multilinguismo. Lo spagnolo, l’italiano, il francese, l’apache, il cinese, il coreano,  il giapponese, il cherokee ed altre lingue di tutte le parti del mondo hanno formato il mosaico linguistico statunitense.
Più di trecento lingue si usano in America. Alcune sono in pochissimi parlarle. La maggior parte degli americani non avrà mai sentito parlare di zuni, cushite, amharic o hidatsa, ma queste lingue fanno parte della ricchezza culturale del Paese. Lo spagnolo però è senza dubbio il più grande “avversario” dell’inglese, la lingua dominante ed indispensabile al successo in America. L’uso dello spagnolo è palpabile in tutte le aree della cultura americana. Lo usano le piccole e grandi compagnie  per attirare clienti e spesso, quando si telefona, si sente il messaggio “premere uno per inglese, due per spagnolo”. E, esattamente come le aziende private – che hanno fatto la scelta giusta  di dirigersi ai potenziali clienti nella loro lingua – gli insegnanti statunitensi in molte zone del paese usano lo spagnolo per rivolgersi ai loro studenti che non parlano inglese bene. Benché parecchi Stati abbiano eliminato l’istruzione bilingue, la maggioranza l’hanno mantenuta perché serve a facilitare l’integrazione dei nuovi scolari nella cultura del Paese.
Il governo americano usa anche lingue straniere per fornire servizi a coloro che non parlano bene l’inglese. Nella maggioranza degli Stati Unti è possibile dare l’esame per la patente automobilistica in diverse lingue. Alcuni governi municipali sono andati oltre, offrendo una varietà di servizi in alcune lingue “critiche” per favorire i loro immigrati. Il consiglio comunale di Oakland, California, alcuni anni fa ha approvato un’ordinanza per assumere personale bilingue in cinese e spagnolo.
I politici hanno da parte loro scoperto che l’uso di un’altra lingua, oltre l’inglese, può essere utilissimo per entrare nella mente e nel cuore degli elettori. L’esempio più chiaro ce lo ha offerto l’ex presidente George W. Bush: quando si candidò alle elezioni del 2000 fece buon uso della sua scarsa conoscenza dello spagnolo per comunicare con gli elettori latinos e raccogliere consensi in quella platea di votanti. Il fratello Jeb, che conosce lo spagnolo molto bene, sta facendo la stessa cosa adesso.
Purtroppo non pochi americani  sono d’accordo con Trump e vedono l’esistenza di altre lingue come un cancro dacombattere. Ecco perché ventisette Stati dell’Unione hanno approvato leggi per dichiarare l’inglese la lingua ufficiale. Sforzi di fare la stessa cosa al livello federale non hanno avuto successo anche se com’è ovvio l’inglese è la lingua indispensabile per avere successo in America e utilissima anche come lingua al livello globale.
Queste dichiarazioni che sanciscono l’inglese come lingua ufficiale sono  in effetti delle barriere agli immigrati, non facendoli sentire come i benvenuti. Allo stesso tempo, però, le conoscenze linguistiche portate nel Paese dai nuovi arrivati sono molto utili nel contribuire ad affrontare positivamente i conflitti nazionali ma anche internazionali.
Lo abbiamo fatto durante la Seconda Guerra Mondiale. Americani di discendenza giapponese, italiana e tedesca hanno fornito preziose risorse linguistiche.  Anche la lingua navajo è stata usata come codice segreto perché le sue complessità linguistiche la resero utilissima, dato che i giapponesi non riuscirono a violarne il codice.

Ciò non contrasta, ovviamente, con il fatto che l’inglese è la lingua dominante del Paese e chiunque voglia partecipare nella vita americana deve conoscerla. Allo stesso tempo la conoscenza di altre lingue può anche essere utile ed in alcune circostanze è addirittura indispensabile.

La forza degli Stati Uniti è sempre venuta e continuerà a venire dalla sua gente e dalla capacità di integrare le proprie energie con gli apporti dei nuovi arrivati. I contributi di questi immigranti e la loro lingua hanno contribuito a costruire il Paese. La presenza di molte lingue non ha impedito agli Stati Uniti, una nazione fondamentalmente anglofona, di prosperare. Anzi è proprio il contrario: le diverse lingue e coloro che le parlano hanno reso possibile questa prosperità.
Il suggerimento di Trump a Jeb Bush di parlare solo inglese farà piacere al suo pubblico ma l’ostinata difesa del monolinguismo è solo prova di miopia. Se gli Stati Uniti diventeranno un Paese perfettamente monolingue vorrà dire che sarà divenuto un luogo che ha smesso di attirare gente da tutte le parti del mondo. Il fatto che l’America attira gente tanto diversa da tutte le parti è prova di potenza e non di debolezza.
Gli occhi di Trump che vedono solo in inglese lo accecano. Jeb Bush ci vede meglio, anche se nemmeno lui sarebbe un buon presidente, ma per altre ragioni, di cui parleremo in un prossimo articolo.

*Domenico Maceri
Docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)

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