OSSERVATORIO AMERICANO/ di DOMENICO MACERI/ L’ombra di George sul piano fiscale del fratello Jeb

Domenico Maceridi Domenico Maceri*/

Si tratta di un’idea “veramente stupida”. Questa è stata in poche parole la reazione del gruppo di Grover Norquist alla proposta di Donald Trump di aumentare le tasse agli hedge fund managers. Trump, il primo della classe alla nomination del Partito Repubblicano, lo aveva proposto dicendo che “commettono reati e la fanno franca”.
Norquist, come si sa, dirige il gruppo Americans for Tax Reform la cui filosofia sostiene che le tasse vanno sempre abbassate. Infatti, moltissimi repubblicani hanno firmato la sua promessa solenne di mai e poi mai aumentare le imposte.
La proposta di Trump però ha avuto consensi sia da destra che sinistra. Il senatore Bernie Sanders del Vermont, candidato alla nomination democratica, la senatrice Elizabeth Warren del Massachusetts, e l’economista Paul Krugman del New York Times sono d’accordo. Acconsentono anche molti altri, incluso Jeb Bush ex governatore della Florida e anche lui candidato alla nomination del Gop.
Norquist vede questa mossa di Jeb Bush intelligente dal punto di vista politico in quanto neutralizza il populismo del suo avversario Donald Trump. Bush però ha subito fatto marcia indietro ritornando alle sue radici e chiarendo il suo piano fiscale, che ricorda molto quello del fratello George, presidente degli Stati Uniti prima di Barack Obama.
Il piano dell’ex governatore della Florida consiste in una minestra poco riscaldata con le solite idee di tagliare le tasse ai ricchi per stimolare la crescita. Secondo il candidato Bush l’economia deve crescere del quattro percento e dunque bisogna tagliare le imposte per cogliere l’obiettivo.
Il piano consiste in tagli alle imposte di tutti i cittadini, ma un’analisi del New York Times ci dice che i grossi beneficiari sarebbero i ceti alti. Gli individui con reddito di 10 milioni e più avrebbero una riduzione effettiva dal 26 al 21 percento, che in termini pratici si traduce in un risparmio di 1,5 milioni di dollari annui. Difficile capire come un individuo che guadagna dieci milioni di dollari ne abbia bisogno di più, ma questo sarebbe uno degli effetti del piano di Jeb Bush.
La proposta riporterebbe i ceti alti alla stessa situazione fiscale che c’era durante la presidenza del fratello George i cui tagli temporanei sono scaduti e poi non ripristinati dall’amministrazione di Barack Obama. Inoltre, con Obamacare (la riforma sulla sanità) i ricchi hanno dovuto pagare un po’ di più. Quindi Jeb farebbe un bel regalo alla classe alta alla quale anche lui appartiene.
Per dimostrare la sua obiettività però Jeb taglierebbe le tasse anche agli altri ceti, i quali ne beneficerebbero anche loro. Il piano prevede anche la creazione di tre aliquote del 10, 25 e 28 percento. Ovviamente i risparmi per le classi basse sarebbero minimi. Inoltre i tagli totali auspicati da Jeb Bush inciderebbero sui fondi del Tesoro per un ammontare di  3400 miliardi di dollari in dieci anni con eventuali tagli a servizi che naturalmente colpirebbero le classi medio-basse.
Jeb ha spiegato il suo piano fiscale con i soliti cliché del suo partito: tagliando le tasse si stimola l’economia e si aumenta la crescita. La storia ci dice però il contrario. Quando il fratello George era presidente fece esattamente la stessa cosa. Il risultato fu una severa crisi economica dalla quale siamo usciti lentamente con Obama.  Persino la riforma sulla sanità, che i repubblicani hanno cercato senza successo di abrogare, sta aiutando l’economia e riduce il deficit. Ce lo ha detto recentemente il rapporto del Congressional Budget Office, un’agenzia non partisan del governo. L’abrogazione di Obamacare aumenterebbe il deficit di 353 miliardi nei prossimi dieci anni. Allo stesso tempo milioni di americani perderebbero la loro copertura sanitaria.
Uno dei problemi di Jeb Bush è il retaggio della presidenza del padre ma ancor di più quello del fratello George, molto fresco nella memoria degli americani. Jeb ha detto parecchie volte che nonostante il suo cognome lui agisce in modo indipendente dai due Bush presidenti. Nel secondo dibattito repubblicano Jeb ha detto che il fratello ha mantenuto gli americani salvi. Si è sbagliato ovviamente, dimenticando chi fosse alla Casa Bianca l’undici settembre del 2001. Jeb si sbaglia anche con il suo piano fiscale, che riflette i principi del suo partito e specialmente quelli del fratello. Sarà per questo che i sondaggi continuano a spingerlo verso il basso?

*Domenico Maceri

 docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)

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