OSSERVATORIO AMERICANO/ Il “gigante addormentato” dei latinos si è diviso nelle urne tra Biden e Trump, ma ha favorito soprattutto il candidato democratico

di DOMENICO MACERI*Da anni si parla del voto latino come di un “gigante addormentato” poiché, nonostante i numeri crescenti di ispanici, la loro partecipazione alle urne rimaneva sempre al di sotto delle aspettative. Juan Gonzalez, condirettore di Democracy Now, ha centrato però il bersaglio rilevando che nelle elezioni del 2020 il gigante si è finalmente svegliato. I media, però, continua giustamente Gonzalez, hanno sottolineato soprattutto il fatto che Trump ha vinto lo Stato della Florida grazie al voto latino e i successi del presidente uscente con gli ispanici nella zona del Texas confinante col Messico. I fatti ci dicono però che, al di là del voto latino, che ha preferito Joe Biden a Trump a livello nazionale, il loro flusso alle urne è aumentato del 64% rispetto alle elezioni del 2016. Anche il voto degli afro-americani è aumentato del 20%, quello degli asiatici-americani del 16% e quello degli elettori bianchi un po’ più del 5%. Insomma dei 32 milioni di latinos con diritto di voto 26 milioni lo hanno esercitato.

Al livello nazionale, come si aspettava, i latinos hanno preferito il candidato democratico (Biden 66%, Trump 32%). L’attuale inquilino della Casa Bianca ha migliorato con i latinos rispetto al 2016 quando ricevette il 28%, cifra simile a quella di Mitt Romney nel 2008, ma notevolmente inferiore a quella dei voti andati a George W. Bush (44%) nel 2004. Il voto latino non è però monolitico. Questo gruppo è una costruzione degli analisti per cercare di capire come votano gli elettori le cui radici affondano nella lingua e cultura ispanica. Si tratta di un gruppo variegato per quanto riguarda la razza, i paesi di origine, e persino la religione, dato che la tradizionale maggioranza cattolica ha perso terreno e gli evangelici hanno aumentato i loro numeri.

Esaminando dunque i “successi” di Trump con il voto latino si nota che in Florida, dove il presidente uscente ha vinto, una buona fetta di questo elettorato affonda le radici a Cuba e segue una ideologia di destra perché anti-Castro. Questo c’era da aspettarselo. Inoltre, la crescente immigrazione in Florida di ispanici provenienti da Paesi sudamericani tende a destra perché anche loro sfuggono a regimi autoritari di sinistra. Il successo di Trump con gli elettori ispanici al confine col Messico diventa chiaro in comparazione all’elezione del 2016. Nella contea di Hidalgo, per esempio, il candidato Trump nel 2016 ricevette il 27% del voto latino, ma nel 2020 è salito al 40%. Questo successo va spiegato con l’ideologia sociale conservatrice dei residenti ma anche con il fatto che l’economia ha beneficiato della politica dura sull’immigrazione. La costruzione del muro, anche se lungi dall’essere completa e ovviamente non pagata dal Messico (come aveva promesso Trump in campagna elettorale), ha creato posti di lavoro generati dagli sforzi del governo per bloccare l’ingresso di immigrati non autorizzati. Ma ciò che più ha contribuito al “sorriso” di questi elettori ispanici a Trump è stata la costante campagna mediatica, specialmente in Florida, condotta principalmente mediante annunci televisivi. Biden, da parte sua, si è svegliato tardi in Florida e ha speso una cifra inferiore a quella del suo avversario per ingraziarsi gli elettori latinos del Sunshine State.

La forza di Biden con gli elettori ispanici si è vista invece in zone dove la provenienza e le radici affondano nel Messico. Da non dimenticare che Trump iniziò la sua campagna elettorale accusando il Messico di mandare “stupratori e criminali” in America. L’accusa si riferiva a tutti gli immigrati, ma i più colpiti sono stati soprattutto quelli provenienti dal Paese confinante al Sud degli Stati Uniti. Gli elettori di origine messicana, specialmente quelli residenti nelle grandi metropoli americane e negli Stati liberal, hanno preferito Biden. In California il presidente eletto ha ricevuto il 77% del voto latino e nello Stato di New York la cifra è vicina (72%). Cifre simili, oltre il 70%, per Biden si sono viste nelle metropoli come Philadelphia, Milwaukee, ed altre.

Il supporto dei latinos si è rivelato decisivo per Biden in parecchi Stati ma specialmente in Arizona dove il candidato democratico è riuscito a ribaltare l’esito del 2016. In parte ciò si deve al fatto che i latinos in questo Stato sono di origine messicana, motivati anche dalle aspre leggi sull’immigrazione. Inoltre la condotta razzista dello sceriffo Joe Arpaio di alcuni anni fa ha galvanizzato i latinos a votare contro Trump, visto anche lui come proponente di una ideologia anti-immigratoria ma anche anti-messicana.

Il voto latino, importante nell’elezione del 2020, lo diventerà ancor di più nel futuro. Al momento i 60 milioni di latinos rappresentano il 18,3 per cento della popolazione statunitense, cifra che, secondo alcune proiezioni, diventerà 119 milioni nel 2060, ossia il 28 % del totale. In dieci Stati americani gli ispanici includono un milione di residenti. Nonostante alcuni successi “geografici” di Trump con il voto latino la maggioranza degli ispanici rimane nel campo democratico. Sarebbe però un errore dare per scontata la fedeltà dei latinos al partito di Biden, che avrà molto da fare per continuare a ridurre la migrazione di questi elettori verso il Partito Repubblicano. Il fatto che il “gigante addormentato” si sia svegliato in queste elezioni ci fa credere che ambedue i partiti dovranno sudare sette camicie per conquistare il loro consenso.

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@hotmail.com).

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