ORA DI PUNTA/ Gentiloni e Minniti da Tripoli al Cairo

di GIOVANNI PEREZ – Italiani? Un popolo al quale si possono raccontare impunemente delle balle grossolane senza suscitare reazioni adeguate: per pigrizia o per assuefazione. Sembra questa la convinzione che guida il presidente del Consiglio e i suoi ministri. Ne fanno fede, restando al presente, due recenti avvenimenti raccontati dai telegiornali della Rai.

Il primo caso: un resoconto dei colloqui tra rappresentanti dell’italico governo (a guida Ds) e una delegazione del governo libico di Tripoli (attenzione, non di Bengasi). I colloqui, manco a dirlo, vertevano sul traffico di esseri umani che, partendo dalle coste in vicinanza di Tripoli, si avventurano nel Mediterraneo a bordo di carrette del mare.

Lasciando perdere i comunicati ufficiali sull’esito dei lavori (comunicati elaborati con un linguaggio così sfumato e contorto che neppure un super esperto sarebbe stato in grado di tradurre in modo comprensibile) stando a quanto aveva riferito la Rai, la delegazione libica aveva espresso per l’ennesima volta la piena disponibilità a risolvere il problema immigrati. In realtà, secondo altri osservatori, la delegazione libica avrebbe dato l’impressione di contare come il due di briscola. Ma forse, insinuano i piu maliziosi, era un’impressione sbagliata. In realtà gli inviati da Tripoli sarebbero stati dei furboni impegnati a recitare su due fronti: del “vorrei, ma non riesco” sulla necessità di intervenire contro le violenze nei campi profughi, la seconda parte quella del parente povero per spillare più finanziamenti al nostro governo. Ciò che appare inaccettabile al popolo italiano è che il nostro governo faccia finta di credere alle bugie dei libici.

A questo punto molti italiani, stanchi di sentirsi prendere per i fondelli da Minniti, si pongono due interrogativi: perché Gentiloni – accertato che il governo di Tripoli non vuole eliminare i trafficanti di esseri umani, e che a sua volta l’Italia non vuol intervenire in Libia per evitare problemi di diritto internazionale –  non si rivolge alle Nazioni Unite? L’Italia, infatti, potrebbe farsi promotrice di una richiesta di invio in Libia di un contingente di “caschi blu” per far cessare uccisioni, torture, violenze e arrestare i colpevoli. O si attende che si compia ogni tipo di delitti, come era avvenuto a suo tempo nella ex Jugoslavia, evtando così di piangere dopo? Chi ritiene che tra le nazioni presenti all’Onu, avrebbe il coraggio di opporsi all’invio dei “caschi blu”, per difendere dei criminali?

Il secondo caso riguarda  il brutale omicidio al Cairo del ricercatore italiano Giulio Regeni. Sono trascorsi quasi 2 anni da quel sanguinoso delitto e tutti gli italiani sanno, “al di là di ogni ragionevole dubbio”, che autori ne sono stati gli uomini dei servizi segreti egiziani che rispondono del loro operato  al presidente Al-Sisi. Solo il nostro governo italiano fa finta di non saperlo. Come si dice nei telefilm, manca forse solo la prova della “pistola fumante”.

Il solito ministro Minniti nei giorni scorsi ha dato ampie notizie sulle perquisizioni effettuate in casa della ricercatrice inglese che aveva affidato a Regeni il compito di effettuare degli studi al Cairo. Ma in quelle carte non si potevano trovare certo il nome o i nomi degli assassini. Poiché non credo che i nostri i governanti siano degli allocchi, non resta da ipotizzare che i rumor sollevati siano stati l’ennesimo tentativo di alzare la solita cortina fumogena sulle responsabilità dei servizi egiziani.

 

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