“Operazione Labirinto”. Indagato anche il deputato Antonio Marotta, già membro del Csm

Marotta deputato AntonioAnche il deputato Antonio Marotta (Area Popolare di Casini e Alfano) è indagato nella “Operazione Labirinto”, l’ inchiesta della Procura di Roma che ha portato all’esecuzione di 24 arresti da parte della Guardia di Finanza. Al centro dell’indagine (vedi  https://www.altroquotidiano.it/operazione-labirinto-corruzione-e-riciclaggio-la-gdf-esegue-decine-di-arresti-un-parlamentare-tra-gli-indagati/) c’è una struttura legata ad un faccendiere capitolino con ‘forti entrature politiche’ che, secondo le accuse, usava uno studio nel centro di Roma “per ricevere denaro di provenienza illecita, occultarlo e smistarlo, avvalendosi in un caso della collaborazione del parlamentare”.

Il faccendiere coinvolto nell’inchiesta è Raffaele Pizza, fratello di Giuseppe, quest’ultimo sottosegretario alla pubblica istruzione dal 2008 al 2011, ora segretario nazionale della nuova Democrazia Cristiana e proprietario dello storico simbolo scudocrociato. Giuseppe Pizza è tra gli indagati dalla Procura di Roma, mentre il fratello Raffaele è stato arrestato.

“Pizza – scrive nell’ordinanza il gip -, per esercitare e perpetuare il potere di influenza che gli è notoriamente riconosciuto nell’ambiente degli imprenditori gravitanti nel settore degli appalti pubblici” sfruttava “i legami stabili con influenti uomini politici, spesso titolari di altissime cariche istituzionali”.

Antonio Marotta è indagato  per partecipazione ad associazione a delinquere, corruzione, finanziamento illecito dei partiti e riciclaggio. Per queste ipotesi gli inquirenti avevano chiesto l’arresto al gip Maria Giuseppina Guglielmi, ma questi non ha ritenuto sussistenti l’associazione per delinquere, ha riqualificato di corruzione in traffico di influenza illecita, mentre delle ipotesi di finanziamento illecito ne ha ritenuta sussistente una sola. Infine il reato di riciclaggio contestato dai pm è stato riqualificato dal gip in ricettazione. Alla luce delle considerazioni del gip, i fatti contestati a Marotta prevedono una pena non superiore ai tre anni per la quale non è previsto l’arresto in sede di indagini preliminari.

Il ruolo di Marotta nella vicenda, anche in virtù di quanto emerso in intercettazioni telefoniche ed ambientali, sarebbe stato quello di raccordo tra le attività illecite dell’organizzazione, al cui vertice c’erano Raffaele Pizza e Alberto Orsini, ed alcuni pubblici ufficiali.

Marotta puntava a rientrare nel Consiglio Superiore della magistratura, di cui era stato membro dal 2002 al 2006 in quota Udc. In una conversazione intercettata il 3 marzo del 2015 nell’ufficio di Pizza, il parlamentare diceva di essere scontento di fare il deputato e di voler tornare a Palazzo dei Marescialli, trattandosi, a suo dire, di un luogo in cui si esercita il vero potere. Marotta: “No, loro la fanno, però devono passare i quattro anni, perché sennò non ci posso tornare, no? Io se potevo rimanere lì me ne fottevo di venire a fare il deputato a perdere tempo qua, che cazzo me ne fotteva… stavo tanto bene là, il potere là è immenso, là è potere pieno, non so se rendo l’idea… ci sono interessi… sono legati grossi interessi, grossi interessi, non avete proprio idea”.

La magistratura romana, dunque, ha emesso 24 ordinanze di custodia cautelare, di cui 12 in carcere e 12 agli arresti domiciliari, e cinque misure interdittive con obbligo di firma. È, inoltre, in corso, il sequestro preventivo di beni immobili, conti correnti e quote societarie per 1,2 milioni di euro.

Durante l’inchiesta – che è stata svolta dal Nucleo speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza e che ha avuto origine dalla segnalazione di operazioni finanziarie sospette – è stato accertato l’utilizzo di un gran numero di fatture per operazioni inesistenti a favore di società ed enti su tutto il territorio nazionale, ed è stato possibile ricostruire l’operatività di una ramificata struttura affaristico-delinquenziale imperniata intorno a un consulente tributario e a un gran numero di società a lui riconducibili, che movimentavano grandi somme di denaro tra conti personali e aziendali.

Il faccendiere – secondo quanto riferisce la Gdf – utilizzava uno studio ubicato accanto al Parlamento, in una nota via del centro di Roma, “per ricevere denaro di provenienza illecita, occultarlo e smistarlo, avvalendosi in un caso anche della collaborazione del parlamentare, che lo ha attivamente coadiuvato nelle attività di illecita intermediazione”.

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