di MATTEO COSENZA/
Il lunedí mattina, quando la domenica pomeriggio era religiosamente dedicata ai campionati di calcio, andavo a bere un ottimo caffè, servito nel bicchierino di vetro, in un bar alle spalle della redazione del Mattino di Salerno dove per qualche anno ho lavorato. Era uno spasso. I cinque-dieci-venti avventori si univano al barista e al personale per pontificare ex cathedra su squadre, allenatori, giocatori, arbitri, guardialinee, società. Tutti allenatori, e che allenatori! Infallibili, graniticamente convinti dei loro schemi, ognuno con la ricetta giusta per vincere con la squadra di cui ci sentiva tifosi, giocatori, proprietari, soprattutto allenatori. Ovviamente parlavano molto di Salernitana, del resto in quel giorno era proibito qualsiasi altro argomento in una città che, tanto per capirci, vedeva il titolare di un’impresa funebre presente sull’elenco telefonico con nome, cognome, titolo professionale e soprattutto a caratteri maiuscoli e in grassetto la fondamentale definizione “tifoso della Salernitana”. In questa università c’era tempo anche per esercitare il magistero su altre squadre e, all’occorrenza, sulla Nazionale. Ripeto, una goduria, tanto che mi intrattenevo ad ascoltare anche più del tempo necessario, che, a conti fatti, non sottraevo al lavoro perché quello era un modo efficace per penetrare lo spirito della città che quotidianamente dovevo raccontare. Salerno, naturalmente, non era diversa da altri luoghi dove, allora molto e oggi un po’ di meno, i bar erano una sorta di Camera e Senato del calcio.
Ai tempi nostri le abitudini e gli strumenti sono cambiati, ma permangono quella passione e quella presunzione assoluta di competenza. La tv e internet hanno dilatato tempi e modalitá tanto che “tutto il calcio minuto per minuto” dovrebbe diventare “tutto il calcio giorno per giorno”, tanto al “minuto per minuto” provvedono innumerevoli frequentatori dei vari social network raccontando risultati, azioni ed emozioni in presa diretta.
In realtà è cambiato anche qualcos’altro. Seguendo altre questioni – mi riferisco alla politica e al governo della cosa pubblica – ho la sensazione che alla partecipazione e ai partiti, associazioni e movimenti di qualche anno fa si sia sostituito un immenso e sempre aperto bar dello sport nazionale. Siamo tutti, io per primo naturalmente, “allenatori”, pronti a giudicare e a emettere sentenze su tutto e il suo contrario. Soprattutto ne abbiamo senza risparmio a dosi da cavallo non appena accendiamo il televisore. Tutti economisti, tutti analisti finanziari, tutti manager, tutti ministri, tutti esperti di arte, di scuola, di pensioni, di trasporti, di tutto. E chi governa in questo momento ha l’abilitá di ritmare i tempi dei messaggi in modo da farci serenamente galleggiare in questo mare di superficialitá e pressappochismo. Prima di Lui – parlo di Renzi – si era esibito a lungo in questo esercizio un maestro della comunicazione – parlo di Berlusconi – che un giorno diceva bianco e il giorno dopo, senza ridurre i carati del suo sorriso, diceva nero. Probabilmente ora stiamo andando ben oltre, perché il Cavaliere aveva sì il potere economico ma non era giovanissimo, mentre l’attuale premier è furbo e soprattutto è giovane e sa portarci sulla sua “ruota della fortuna”. In molti montiamo su di essa e partecipiamo al grande gioco come al “bar dello sport”.
Due esempi scelti dal mucchio, uno dall’alto e l’altro dal basso. Siamo fuori o dentro la crisi? Da mesi un giorno ci danno numeri in rosa e il giorno dopo in nero. Numeri, si badi bene, che dovrebbero essere sinonimi di certezza, sempre che non li si diano come nel noto adagio. Qual è la veritá? Non si sa. E i media registrano con titoloni il rosa e il nero, senza neanche chiedersi, per un po’ di pudore, se non stiano appunto dando i numeri. Con il secondo esempio veniamo alla recente nomina dei direttori dei venti musei, che da qualche giorno e per qualche giorno ancora animerá i cuori del Paese. (Anche io ho la mia opinione, che ho espresso.) Al di là del merito faccio una constatazione: noto che tante persone, che avevano bocciato la nomina dell’organo di governo della Rai per palese lottizzazione partitica, bocciano anche questo provvedimento che puó essere tacciato di ogni nefandezza ma sicuramente non di spartizione. Ammettiamo che, se non malafede e pregiudizio, sicuramente c’è molta confusione sotto il cielo, che non è quella di Mao.
Io sorbivo lentamente quel gustoso caffè, che nel contenitore di vetro sublimava ulteriormente la sua bontá, e mi divertivo un mondo a sentire le lezioni magistrali di quei professori del calcio che affollavano il bar, talvolta ne ordinavo un altro per giustificare il mio attardarmi in quel luogo caldo e accogliente, ma lì si discettava di calcio, ora si parla, con sfrontata sicumera, di una partita un po’ più impegnativa. E mi manca pure quel bicchierino di caffè.
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