Le insidie lungo il percorso che Letta sta tentando di tracciare per il Pd

di SERGO SIMEONE* – Provate ad estirpare una pianta di gramigna. Scoprirete che è un’operazione difficilissima se non impossibile. La mala pianta ha, infatti, fitte radici che scendono molto in profondità e sono molto fragili. Basta che un pezzetto, anche molto piccolo, si rompa e resti nel terreno che, dopo un breve periodo di latenza la pianta rinasca più rigogliosa  e nociva di prima. E’ quello che è successo con la corrente renziana all’interno del Pd. Quando il leader fiorentino ha  lasciato il partito per creare la nuova formazione di Italia Viva molti hanno tirato un sospiro di sollievo, pensando: perderemo un certo numero di parlamentari, ma non fa niente. Almeno ci siamo liberati di un sabotatore sempre pronto ad ostacolare chiunque, assumendo la segreteria, cerchi di dare una linea al Pd.

Ma costoro si sbagliavano. Renzi, come la gramigna, aveva lasciato nel partito grossi pezzi di radici  (Marcucci, Guerini, Lotti ed altri ancora) che, dopo un periodo di latenza (vedi la finta unanimità con cui è stato eletto il nuovo segretario Enrico Letta) hanno cominciato ad emergere in maniera sempre più manifesta per ostacolare la direzione che il nuovo leader del partito sta cercando di dare ai Democratici. E un paio di giorni fa sono finalmente venuti allo scoperto ed hanno formulato con chiarezza un vero e proprio atto di accusa contro il segretario: Letta  ha avviato un processo identitario del Pd. Ma così facendo, dicono, il Pd finisce per caratterizzarsi come partito chiaramente di sinistra, ostacola  perciò la sua espansione verso i ceti moderati (come si evince dalla crescita molto lenta nei sondaggi) e rende più difficile il colloquio con le formazioni di centro.

Che Enrico Letta stia cercando di costruire una identità del Pd come Partito di sinistra è vero. E lo sta facendo sia sul versante del diritti civili (Ddl Zan e Ius soli) sia su quello sociale (fisco che ridistribuisca le ricchezze, difesa del lavoro). Si tratta per ora di iniziative singole, ma, anche portando a sintesi le indicazioni che verranno dalle agorà, entro la fine del 2021, si dovrebbe arrivare a configurare una visione complessiva del tipo di Paese che la sinistra vuole offrire agli italiani. 

E’ un errore? E’ un errore per chi pensa che siano le alleanze a determinare la identità di un partito. Ma una alleanza tra partiti non è un accordo tra uguali, non è come la notte in cui tutte le vacche sono nere (per dirla con Hegel). Una alleanza è un incontro  tra diversi, i quali, partendo ognuno dalla propria identità, dal proprio radicamento sociale, dai propri ideali, trovano punti comuni o, su altri,  dei compromessi di alto profilo. 

Questa è l’ impostazione di Letta, il quale  vuole prima costruire una coalizione di centrosinistra con i partiti con cui vi è maggiore affinità e poi allearsi con i cinque stelle a cui Conte sta cercando di dare un profilo politico ben definito, che collochi il movimento in maniera definitiva nel campo progressista.

Quanto alla velocità con cui il Pd cresce nei sondaggi  questa potrebbe avere una rapida accelerazione solo con colpi di teatro che colpiscano emotivamente gli elettori. Ma si tratterebbe di una crescita effimera, come dimostrano le parabole prima di Renzi, poi dei 5 stelle ed ultimamente della Lega. Una crescita solida e non facilmente reversibile può nascere solo offrendo un progetto di crescita civile economica e sociale del Paese, credibile e non calato dall’alto, ma costruito con la partecipazione dei militanti e dei corpi intermedi della società civile.

Il fatto, comunque, che  il Pd sia risalito dal 16% in cui era precipitato dopo le dimissioni di Zingaretti a più del 20% , agganciando la Lega (o addirittura scavalcandola  secondo le ultime rilevazioni di Pagnoncelli) è già un risultato da non sottovalutare.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil 

Commenta per primo

Lascia un commento