MANOVRA ECONOMICA/ Accordo siglato nella maggioranza, ma renziani e Cinquestelle continuano ad avanzare richieste che fanno saltare i conti (per la gioia di Salvini, Meloni e Berlusconi)

di ROMANO LUSI – La maggioranza di governo ha siglato quella che dovrebbe essere l’intesa finale sulla manovra. Slitta a luglio la tassa sulla plastica da 50 centesimi al chilo, parte da ottobre la “sugar tax”, arrivano 65 milioni per i Vigili del fuoco. L’intesa, che secondo alcune stime porta il valore totale della manovra a 32 miliardi, è arrivata al termine di riunioni fiume che vanno avanti a singhiozzo per quindici ore a Palazzo Chigi.

Alle dieci di sera Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri scendono in sala stampa per annunciare “l’accordo completo”, inclusi “i dettagli”: “Nessuno dica più che questo è il governo delle tasse”, afferma il premier. Ma Matteo Renzi, dopo aver confermato l’accordo,  si esercita subito nel ruolo di rottamatore a favore della destra: “Nel 2020 cancelleremo plastic e sugar tax”. Ovvia la reazione del Pd, da dove arriva la sconsolata considerazione che “così il governo non va avanti ancora a lungo”.
Comunque Conte ieri sera è andato al Quirinale a riferire a Mattarella. Conte e Gualtieri promettono: “Miglioreremo il prossimo anno”. Ma preoccupa il comportamento, spesse volte irrespondsabile, di  renziani e cinquestelle, che rilanciano continuamente sui loro obiettivi, riuscendo a disfare ogni volta le intese raggiunte, con grande gioia di Salvini, Meloni e Berlusconi.
Il ministro dell’Economia Gualtieri pazientemente rifà continuamente i conti alla ricerca delle risorse sottratte dagli emendamenti dei due “alleati” e riesce a racimolare i 350-400 milioni di nuove risorse necessarie a coprire le rivendicazioni dei due irrequieti alleati.  In particolare i renziani si fanno portavoce degli industriali della plastica mentre il Pd sostiene che è meglio investire le poche risorse a disposizione in favore dei lavoratori e delle imprese nelle quali sono occupati, con il taglio del cuneo fiscale.  Il compito di portavoce di Renzi se lo assume Luigi Marattin. Ma il suo “capo” provvede a spiazzare anche lui con la minaccia: “Non vorrei andare al voto, sarebbe un errore; ma se ci costringono lo faremo. Non ho nessun tipo di paura”. “Siamo tutti pronti – replica a muso duro Orlando – Bisogna capire se è utile per il Paese”. E invece la paura ce l’ha, visto che finora nei sondaggi oscillava, con la sua “Italia viva”, tra il 4 e il 4,5% prima che venisse fuori la vicenda della fondazione Open, che finanziava la sua “Leopolda”.

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