di SERGIO SIMEONE* – Ricordate le grida di esultanza (“E’ finita la pacchia! È finita la pacchia!”) che il fu ministro dell’Interno Matteo Salvini lanciava quando, mentre era nel pieno esercizio delle sue funzioni, bloccava le navi che tentavano di far sbarcare i migranti sulle coste italiane? Noi eravamo certi che i beneficiari della pacchia in questione fossero i migranti e formulavamo perciò pensieri molto funesti contro il “capitano”, reo ai nostri occhi di ributtante cinismo. Ma era tutto sbagliato. Avevamo preso un grosso granchio.
L’errore ingenuamente commesso (abbagliati, lo dobbiamo ammettere, da pregiudiziale malevolenza nei confronti del fu ministro) ci è apparso chiaro solo ieri mattina, quando in televisione, non ricordo più su quale canale, abbiamo visto un servizio sui coltivatori di fragole, i quali si mostravano estremamente preoccupati perché si avvicina il periodo della raccolta e loro non potranno più usufruire, come gli altri anni, dei lavoratori stagionali impossibilitati a venire in Italia a causa delle norme anticontagio. A questo punto abbiamo capito a chi si riferiva Salvini quando esclamava “è finita la pacchia!”: non ai migranti ma ai coltivatori di fragole, e poi ai coltivatori di mele, di pomodori, di zucchine e così via, che non potranno più servirsi di manodopera sottopagata assunta spesso in maniera irregolare, costretta ad osservare orari di lavoro sfibranti ed a vivere in condizioni subumane.
Il rappresentante dei coltivatori di fragole nel servizio citato invoca il Governo affinché fornisca “uno strumento” per far fronte al problema. La richiesta, come si vede, è stata formulata in maniera molto vaga. Io però, mettendo da parte il tono ironico che ho adoperato finora (perché il problema è davvero serio), una idea ce l’avrei: il ministro del lavoro convochi le associazioni dei coltivatori ed i sindacati dei braccianti confederali ed autonomi e faccia in modo che i datori di lavoro offrano ai braccianti contratti di lavoro in cui siano previste paghe adeguate, condizioni di lavoro e di vita umane e, soprattutto, che le prestazioni di lavoro si svolgano in condizioni di assoluta sicurezza sanitaria. Il ministro del lavoro, infine, vigili sul rispetto dei contratti contrastando lavoro nero e caporalato.
E’ probabile che i tanti migranti che oggi vivono in Italia, costretti dai decreti sicurezza di Salvini in una condizione di semiclandestinità, si faranno avanti per lavorare alla luce del sole. Si coglieranno così non due ma diversi piccioni con una fava: si darà un lavoro dignitoso a tanti migranti sottraendoli all’accattonaggio, si darà un colpo alle mafie che pescano tra i migranti la loro manovalanza, si aiuteranno i coltivatori italiani a non vedere svanire i loro guadagni, si permetterà ai consumatori italiani di trovare nei supermercati la frutta e gli ortaggi di cui hanno bisogno in questo periodo di profonda crisi.
*Sergio Simeone docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil
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