VOLTAFACCIA ELETTORALE/ Paolo Gentiloni, l’anti-Renzi democristianamente scorretto


di ENNIO SIMEONE
– Il capo del governo tuttora in carica, Paolo Gentiloni, si era conquistato nei primi undici mesi di permanenza a Palazzo Chigi una certa di simpatia (rilevata anche dai sondaggi, prima che scattasse lo stop alla loro diffusione). Lo stile sobrio, persino dimesso anche nella comunicazione sul suo operato e su quello dei ministri, accompagnato da apparizioni non invasive sui teleschermi e sui giornali, aveva messo ancor più in risalto l’insopportabile arroganza del suo predecessore facendogli scudo e comprendo con un velo di modestia la sua invadenza irritante.

Ciò ha indotto lo stesso Renzi, quando la fase finale della campagna elettorale ha preso avvio, a lasciargli spazio, anzi lo ha usato da apripista ad uso dei telegiornali, che si sono perfettamente uniformati tutti (Rai, Mediaset, Sky e persino La7) a una “scaletta” della pagina politica con la seguente scansione: apertura con la notizia su un’attività di governo  accompagnata da una immagine appena sorridente di Gentiloni e la solita battuta “Non dobbiamo perdere ciò che abbiamo fatto in questi mesi“; poi notizia sul Pd con immagini debordanti di Renzi in maniche di camicia e slogan in viva voce dal microfono impugnato in stile piazzista per le frasi di attacco ai cinquestelle; in terza battuta immagini di una delle liste satellite del Pd (“+Europa” della Bonino, o “Insieme” di Nencini, o “Civica popolare” della Lorenzin); subito dopo la parola a Berlusconi per l’ultima invenzione propagandistica con annesso attacco all’ultima sortita di Di Maio (cinquestelle) e subito dopo immagine di Salvini per confermare che il capo del governo sarà lui; seguono cronache sui Cinquestelle accompagnate da film della passeggiata di Di Maio con Casaleggio jr e un po’ di maldicenze sul Movimento. Per il resto niente spazio alle altre forze politiche, raramente qualche cenno a “Liberi e Uguali”, benché rappresentino (sempre secondo quanto avevano rilevato i sondaggi prima del blackout) la quarta forza in campo. Naturalmente ai direttori dei telegiornali è consentito, subito dopo lo spazio riservato al governo, invertire la parte terza con la seconda o la quarta con la terza. Ma senza eccedere!

L’operazione Gentiloni (battuta teatrale dei fratelli De Rege: “vai avanti te ché a mme me vie’ da ride”) è piaciuta anche a tre vegliardi della politica: prima a Berlusconi, poi a Prodi, infine a  Napolitano.

Il primo (che raramente in questa campagna elettorale ha attaccato Renzi e il Pd, preferendo usare la generica espressione “la sinistra”: chi vuole intendere intenda ciò che gli pare) perché prepara le basi per rifare, all’occorrenza, subito dopo il 4 marzo, il patto del Nazareno senza Renzi; gli altri due perché, avendo capito che la carta Renzi è ormai perdente,  hanno deciso di accompagnarne lo sfratto definitivo da Palazzo Chigi puntando sull’usato sicuro: il democristiano di vecchia scuola, meglio di un giovane democristiano rampante, inaffidabile e perdente.

Ma Gentiloni, sicuro ormai di avere le spalle coperte da padrini di questo calibro, sta passando il segno, rischiando di superare in scorrettezza politica il “suo” segretario di partito. Innanzitutto sta occupando sulle tv spazi sempre più larghi e invadenti (altro proverbio, stavolta napoletano:  “E’ trasuto ‘e spighetto e s’è miss’ ‘e chiatto”). In secondo luogo sta usando la carica di capo del governo “prorogato” per adottare, nell’imminenza del voto, provvedimenti che comportano l’elargizione di un po’ di soldini a categorie del pubblico impiego da anni in attesa di rinnovi contrattuali. Infine ha deciso di inviare, sempre da capo del governo, una lettera agli elettori  concepita in gesuitico stile democristiano. Tra l’altro scrive: “Caro elettore, come lei sa, da oltre un anno ho la responsabilità di guidare il governo. Sarò candidato alla Camera nel collegio Roma 1, dove lei risiede . Abito qui da una vita, quasi sessant’anni e dunque mi candido per dare una mano alla mia città… Ho lavorato per sette anni al comune di Roma….L’Italia sta lasciandosi alle spalle la crisi più grave dal dopoguerra. Ma c’è ancora tanto da fare. Nessun trionfalismo e soprattuto guai a buttar via i primi risultati ottenuti col sacrificio degli italiani. Le chiedo di scegliermi come suo rappresentante in Parlamento, le chiedo di darmi fiducia. Se sarò eletto, potrà contare su di me”.

Questo è l’uomo che, insediandosi a Palazzo Chigi 14 mesi fa, aveva detto: “Il governo non si occuperà di legge elettorale: è materia che compete esclusivamente al parlamento“. E invece ha imposto la scellerata  legge – con cui andremo a votare il 4 marzo, senza avere alcuna possibilità di scegliere i parlamentari – mortificando il parlamento e ricorrendo al ricatto politico più odioso, cioè legando per otto volte (5 al Senato e 3 alla Camera) l’approvazione del “Rosatellum” al voto di fiducia al governo.

Per questo motivo, per manifestare il suo sdegno di fronte a questa violenza politica il presidente del Senato Pietro Grasso è uscito dal gruppo del Pd e ha deciso di capeggiare la lista di “Liberi e uguali“, una scelta condivisa anche dalla presidente della Camera, Laura Boldrini.

E’ di questo che gli elettori italiani dovrebbero tenere conto quando andranno alle urne domenica 4 marzo. E c’è da sperare che ci vadano in massa per mandare a casa personaggi di questa pasta, insieme con chi li sostiene in maniera palese o occulta, e insieme con chi si prepara a governare con loro.

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