di NUCCIO FAVA* – Da tempo nell’aria, la crisi dei Cinquestelle è esplosa con grande fragore. Neppure Grillo ha potuto fare ancora una volta da paciere e hanno prevalso contrasti insuperabili, risentimenti insanabili. Ancora prima di sciogliersi la cravatta, Di Maio non ha nascosto la rottura profonda, una vera e propria dichiarazione di guerra contro i traditori “che pugnalano alle spalle” e continua sottolineando compiaciuto “che in ogni caso non mollerà”. L’uomo chiamato a sostituirlo, Vito Crimi, è sempre stato una voce di moderazione, apprezzato pure da Grillo, in questo ruolo assunto forse col suggerimento dello stesso Grillo, una volta che la posizione di Di Maio era risultata irrecuperabile. Anche fisicamente, con la fronte stempiata, un po’ di pancetta e gli occhiali, ricorda a noi cronisti politici sin dagli anni ’70 un democristiano di mezza età, doroteo, inossidabile, sempre pronto a dare una mano al partito in difficoltà, sempre in maggioranza, impegnato a favorirne la formazione.
Ma la crisi dei Cinquestelle mi appare radicale, tocca la sua natura, il suo modo di essere, le sue regole interne, a cominciare dalla grana dei rimborsi, dalla sceneggiata sul balcone di Montecitorio con l’annuncio della “abolizione della povertà“, cui si sono aggiunte le diaspore verso altri gruppi di non pochi parlamentari e dissidi sempre più marcati di linea politica come per il voto reclamizzato dal senatore Paragone con la grancassa di Di Battista ed altri. Tutti elementi di fatto ignorati tanto da Di Maio che dal “traghettatore”, il quale vuole però considerarsi capo a tutti gli effetti. Ne approfitta a piene mani Salvini che può a maggior ragione ignorare i temi che dovrebbero essere centrali in una campagna regionale, concentrandosi invece nella più aspra critica propagandistica alle difficoltà del governo, all’ingiustizia presunta a proposito del suo caso giudiziario, alla decisione di fare “il martire risorgimentale”per il bene… della patria.
Il partito democratico segue con interesse, soddisfatto comunque che, specie in Emilia Romagna, ci sarebbero le condizioni per vincere la partita. Il presidente Conte da Assisi manda messaggi di fraternità e prospettive di nuovo sviluppo ecologico ed ambientale, una fase totalmente nuova per tutta la società italiana e la sua collocazione in Europa. In ogni caso secondo il presidente del Consiglio è ragionevole la convinzione che gli italiani sapranno valutare con la propria testa, sia i risultati raggiunti, sia le prospettive da perseguire e vorranno contribuire all’interesse dell’Italia, anche dall’Emilia Romagna e dalla Calabria.
*Nuccio Fava, presidente della sezione italiana dell’Associazione Giornalisti Europei, è stato direttore del Tg1, del Tg3 e delle Tribune politiche Rai
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