Una piazza di Cellara (Cs) intitolata alla scrittrice Agata Cesario

Agata Cesario“Si ritorna sempre nei luoghi dell’anima”. Con queste parole Agata Cesario, insegnante e scrittrice, evocava il paese nativo, Cellara, vicino a Cosenza, che aveva lasciato per andare ad insegnare a Roma. E, a 27 anni dalla sua prematura scomparsa,  il Municipio di Cellara ha annunciato l’intenzione di intitolare una piazza al nome di una donna che, ovunque e in ogni occasione, a voce e con la penna, ha onorato il luogo natio, portato nel cuore, anche quando se ne era dovuta allontanare. La cerimonia si terrà sabato 27 agosto ore 10,30, interverranno il vescovo Leonardo Bonanno e il sindaco Mario Caferro, sarà inoltre presente il professor Aldo Scarpelli, preside dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme di Cosenza. A scoprire la targa sarà il figlio  di Agata, Carmine, maresciallo dei carabinieri.

Agata Cesario aveva due passioni: la scuola e la poesia, i suoi scritti l’attestano, piacquero alla critica ed ebbero premi. Non sfuggirono a quanti hanno avuto modo di conoscerla, apprezzandone le qualità. Gentile, affabile, molto sciolta nella comunicazione, Agata godeva di un consenso diffuso nel mondo culturale. Ed era, sotto questo profilo, una delle donne più ascoltate, che meglio intuiva l’importanza della cultura intesa come “leva di forza” dell’opera educativa.

spazianiAgata, con le sue poesie, aveva attirato l’attenzione della critica Maria Luisa Spaziani (foto a lato). La poetessa scrisse di Agata Cesario:  “Voce poetica sensibile e suggestiva che purtroppo non ha avuto il tempo di offrirci i dati definitivi, gli altri frutti maturi del suo multiplo talento. Agata con più di una radice ha scandagliato le zone in ombra della sua psiche – o della sua anima – per dire con parole che sono soltanto sue quei sentimenti che tutti forse provano ma che non tutti hanno la possibilità di portare alla luce”.

Al paese dove ha vissuto e tanto spesso evocato, Agata era grata per accoglienza e affetti, per quel che ci ha lasciato. Per gli amici, vecchi e nuovi, che lì sono passati, per l’identità che non va mai negata. “Si può andare ancora per le strade di questo paese coperto dal ricordo dei morti. Si scopron le case con la luce d’un tempo, ripiene d’ingenue risate; il fringuello s’attarda nell’ultimo trillo e scopre la luna volenterosa di colmare gli spazi restati nascosti”.

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