Trump non firma il documento del G7, rompe sui dazi e offende il premier canadese. Poi parte per Singapore ad incontrare Kim Jong-un

Prima della rottura (da sinistra) Donald Tusk, Theresa May, Angela Merkel, Donald Trump, Justin Trudeau, Emmanuel Macron, Shinzo Abe,  Giuseppe Conte e Jean-Claude Juncker

Rottura senza precedenti alla chiusura del G7 in Canada: Donald Trump ritira la firma al documento finale per ripicca (almeno questa la motivazione ufficiale) verso il premier canadese Trudeau. Dall’Air Force One, in volo verso Singapore per recarsi al vertice con il leader nordcoreano Kim Jong-un, Trump posta il suo messaggio: “Ho dato istruzioni di non appoggiare il documento finale del G7”.

Quindi gli Stati Uniti non firmeranno le decisioni prese dai sette leader delle potenze industrializzate. Si tirano indietro dopo aver accettato in un primo momento le conclusioni del vertice. Una rottura con gli alleati dalle conseguenze  imprevedibili. Lo strappo, tanto temuto già alla vigilia del summit, alla fine si è consumato nel modo più violento e inaspettato. Sono oramai le sette di sera a Charlevoix, la dichiarazione di compromesso è stata già diffusa, e tutti i leader – anche l’italiano Giuseppe Conte – hanno lasciato la sede del summit. La maggior parte di loro è già in volo verso i rispettivi Paesi quando l’ira di Trump si abbatte sul padrone di casa del vertice, Justin Trudeau, e spazza via due giorni di duro lavoro e di tesissime trattative. Il presidente americano si dissocia dal documento finale e, per di più, definisce il premier canadese “un disonesto e un debole”.

Poi estrae l’arma più temuta: i dazi, cioè quei dazi, già minacciati, sulle “auto estere che invadono il mercato americano”. Pare che a far infuriare Trump siano state le parole usate da Trudeau nella conferenza stampa finale del G7, e l’annuncio che dal primo luglio partirà la risposta alle tariffe su alluminio e acciaio volute dalla Casa Bianca anche per Canada, Messico ed Europa. Tariffe che Trudeau ha definito “un insulto” per i canadesi, perchè motivate dal presidente americano con ragioni di sicurezza nazionale. Ragioni che alleati storici come il Canada o gli europei non possono accettare.

“Noi canadesi siamo gentili, siamo ragionevoli, ma non ci faremo maltrattare”, ha quindi affermato Trudeau: “Ho detto direttamente al presidente americano che i canadesi non lasceranno facilmente che gli Stati Uniti vadano avanti con tariffe contro la nostra industria dell’acciaio e dell’alluminio. E non lasceranno che questo avvenga per presunti motivi di sicurezza, dopo che i canadesi dalla prima guerra mondiale in poi si sono sempre trovati fianco a fianco con i soldati americani in terre lontane dove ci sono conflitti. Per noi – ha concluso Trudeau – questo è un insulto”.

Evidentemente partito con la convinzione di essere riuscito a bloccare le temute rappresaglie, Trump, leggendo, ha perso completamente le staffe, bollando le parole di Trudeau come “false” e minacciando contromisure durissime se verranno colpiti gli agricoltori, i lavoratori e le aziende americane.

L’Unione Europea prova la contromossa: “Ci atteniamo al comunicato come approvato da tutti i partecipanti al G7”, affermano fonti di Bruxelles. Ma la rottura di Trump è troppo lacerante.

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