TEATRO. “Animali da bar”, la fiaba nera della Carrozzeria Orfeo

 

Animali-da-bar-foto-di-Laila-PozzoCon “Animali da Bar”, Carrozzeria Orfeo continua il lavoro sulla speranza per un mondo migliore. Nel microcosmo di un bar di periferia, si confrontano cinque personaggi grotteschi che aspettano il nuovo giorno senza luce negli occhi. L’imprenditore tossicomane, lo sbandato bipolare, lo scrittore fallito, la badante cinica, il melariano sottomesso (un ultra vegano che mangia solo mele) e la voce fuori campo del nonno morente (l’audio registrato è di Alessandro Haber), sono le figurine di un mondo alla deriva, in una fiaba nera raccontata senza filtri da uno dei personaggi.

Il testo scoppiettante strappa risate e il linguaggio inzuppato di parolacce e stereotipi senza pietà rappresenta una guerra tra i dimenticati di un mondo che gira troppo veloce. Ci sono alcune lungaggini e momenti teneri tra i quadri di una regia spoglia, in una realtà che sembra cadere a pezzi come il bancone del bar al quale si aggrappano i cinque disperati.

Massimiliano Setti e Gabriele di Luca, che hanno dato vita alla compagnia Carrozzeria Orfeo con Luisa Supino, si accompagnano a bravissimi attori tra i quali spicca Beatrice Schiros. Attorno al suo personaggio, l’ucraina cinica che si occupa del vecchio morente e ha affittato clandestinamente l’utero al melariano, ruota tutto il racconto: un personaggio che nonostante provenga da una sofferenza vera ancora spera in qualcosa. La scrittura che la racconta è raffinata e evita lunghe spiegazioni e grandi riflessioni morali condendo tutto con un’ironia priva d’enfasi tagliata perfettamente sull’attrice.

Il lavoro, che ha abbandonato il teatro fisico con il quale si era distinta la compagnia, piace al pubblico e il tono tragicomico, che spesso ricorre a strutture della commedia televisiva, è un chiaro segno della compagnia.

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