Se i nostri politici si ispirassero alla citazione di Pietro e Paolo fatta da papa Francesco

di NUCCIO FAVA* – Inquietudine e pericoli crescenti nel mondo. Conte ostenta sicurezza mentre  quotidianamente la barca governativa naviga tra continui dissensi e clamorose diversità nella maggioranza. Non bastano le quotidiane dichiarazioni televisive del presidente del Consiglio, sia pure in perfetta eleganza sartoriale e scioltezza di linguaggio, a rassicurare gli italiani. I contrasti prevalgono su tutto e impediscono una vera sintesi e, di conseguenza, un’indicazione coerente del cammino da compiere.

Nello stesso tempo la situazione mondiale è sempre più tesa e preoccupante. Basta pensare alla disinvolta arroganza con cui Pechino ha imposto il suo ordine ai ragazzi e ai cittadini di Hong Kong mentre contemporaneamente Putin vuole restare zar a vita peggio che ai tempi dell’Unione Sovietica. Sulla Cina l’Europa unita ha espresso un doveroso giudizio severo, mentre nessuna presa di posizione è stata ancora formulata nei confronti della Russia.

Né meno preoccupante è la condizione nel Mediterraneo, con Erdogan che, consapevole o meno, aspira a riportarci ai tempi dell’impero ottomano con la Libia, così rilevante specie per l’Italia, che chiede da tempo all’Egitto la verità sull’assassinio del giovane ricercatore Regeni, mentre vende con disinvoltura navi da guerra al a quel paese.

Né appare tranquillizzante  la nevrastenia del presidente Trump, gravemente appesantito dalle vicende Usa in tema di pandemia, con una condizione analoga (se non peggiore) alla tragedia brasiliana di Bolsonaro.

Solo alcuni riferimenti essenziali sufficienti tuttavia a comprendere la complessità e i pericoli di un quadro mondiale sempre più complicato che imporrebbe con urgenza una capacità di visione politica e strategica da parte dell’Europa  ed ovviamente della Nato. A cominciare dal presidente turco, presente nella Nato in modo certo singolare e che ormai rappresenta un pericolo per gli stessi paesi presenti nella alleanza atlantica.

Questo quadro non semplifica certo compiti e responsabilità del nostro paese e dovrebbe al contrario stimolare maggiore responsabilità verso l’impegno comune politico e militare dell’Europa, per ripensare e aggiornare il ruolo della Nato. Purtroppo l’Italia, non da sola tuttavia, è stata colpita in modo gravissimo dall’epidemia del covid-19 che dovrebbe però accrescere una più matura avvertenza delle responsabilità e delle scelte da compiere. Prevalgono invece precarietà, rinvii e incertezze, con una maggioranza continuamente senza bussola, che si accontenta purtroppo solo di rinvii, vertici inconcludenti, perdita di credibilità verso la UE, che pure sta operando un salto di qualità nell’atteggiamento nei confronti del nostro paese e nel riconoscimento di contributi notevoli che potrebbero finalmente essere riconosciuti. Grazie soprattutto alla generosa e mutata visione della Germania guidata dalla cancelliera Merkel  che ha appena assunto la presidenza del semestre europeo.

Invece il nostro governo, per l’ottusa pregiudiziale dei 5stelle di Crimi, resisteo addirittura alla presa in considerazione dei fondi del Mes, cianciando di condizionamenti pericolosi e di rischi per l’autonomia nazionale, di cui parla anche la destra. Considerazioni sbagliate ed irresponsabili che per timore di ulteriori perdite elettorali e uscite di altri parlamentari pentastellati riecheggiano colpevolmente posizioni leghiste e di Fratelli d’Italia. Difficile immaginare in queste condizioni una via d’uscita senza gravi danni per tutti i cittadini. Servirebbe un salto di intelligenza e consapevolezza dei veri interessi europei e nazionali che purtroppo non sembrano presenti sufficientemente nel pur generoso tentativo tattico del presidente del Consiglio di far sopravvivere il governo.                                                             Mi ha colpito moltissimo la riflessione di papa Francesco in occasione della festa di Pietro e Paolo  con il suo stile quasi giocondo ma sempre acuto e profondo. Ricordando Pietro pescatore e Paolo dotto oratore nelle sinagoghe  quando affrontarono la missione e in qualche modo si misero a discutere animatamente. Perché personalità molto diverse che si sentivano, pur nelle grandi differenze, sempre fratelli come in una famiglia unita, dove spesso si discute ma sempre ci si ama. Trasferita in politica questo parallelismo, si può forse trarre qualche insegnamento anche per i politici di tutto il mondo a condizione di valorizzare laicamente l’insegnamento evangelico. Che non è quello di piacerci ma quello di amarci l’un l’altro per il bene di tutti.

*Nuccio Fava, presidente dell’Associazione Giornalisti Europei , è stato direttore del Tg1 e del Tg3 e delle Tribune politiche Rai             

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