Renzi prende il treno. Di martedì!…

di ENNIO SIMEONE – All’indomani della festa per i 10 anni del Pd, guastata da molte assenze e critiche, Matteo Renzi prende il treno per il suo viaggio preelettorale  che da martedì attraverserà lo stivale dalle zone terremotate del centro Italia fino alla Puglia, dove sabato incontrerà “mille giovani dem”.

E’ vero che i giochi politici entreranno nel vivo solo dopo l’approvazione del Rosatellum, la legge elettorale truffaldina ideata dal vertice del Pd, fatta approvare a colpi di fiducia alla Camera, e nei prossimi giorni all’esame del Senato; ma la coalizione intorno al Pd non riesce a materializzarsi, tra Carlo Calenda che si sfila da ogni progetto elettorale, Giuliano Pisapia più ondivago del solito e Ap in attesa dell’esito del voto in Sicilia.

A guastare il clima dentro e intorno al Pd, oltre alle defezioni illustri alla festa del decennale all’Eliseo, è stata l’ennesima prova di arroganza fornita da Renzi nell’intervista a Repubblica, in cui ha detto che il candidato premier sarà lui, a prescindere dalla coalizione che potrebbe sostenere il Pd.

Con buona pace di Gentiloni, la cui popolarità, che era in ascesa, è stata sporcata dalla acquiescenza con cui ha accettato il “consiglio” di Renzi di porre la questione di fiducia sulla legge elettorale, dopo aver più volte affermato una cosa ovvia e cioè che le leggi elettorali sono di competenza esclusiva del parlamento e che il governo ne deve restare estraneo.

E con buona pace della “coalizione”, che, per come è configurata nel Rosatellum bis, è solo un volgare trucco per raccattare voti di liste minori utili a far eleggere candidati designati dal partito principale.

LE PRIME REAZIONI ALL’AUTOCANDIDATURA DI RENZI

Per una valutazione  dell’impatto negativo che ha avuto, nello stesso Pd e dintorni, l’intervista – con annessa “autocandidatura” a “premier di coalizione” – rilasciata da Renzi a Repubblica stralciamo qualche brano dal servizio Ansa.it di Cristina Ferrulli.

«A guastare il clima dentro e intorno al Pd, oltre ai mancati “inviti” eccellenti e relative defezioni per la festa all’Eliseo – da Romano Prodi ai leader della minoranza – è stata la sicurezza, poi in parte smussata, con cui il leader dem ha affermato che sarà lui il candidato premier a prescindere dalla coalizione che si coagulerà intorno al Pd. “Perché esista una coalizione è necessario condividere un programma, un leader e paletti sulle alleanze altrimenti diventa una mera alleanza elettorale in cui qualcuno pensa di comandare da solo”, è l’altolà del portavoce di Campo Progressista Alessandro Capelli. E anche nella minoranza dem l’atteggiamento del segretario crea non pochi dubbi. “Non basta una norma dello statuto per vincere. Prima serve dar vita a un campo più largo di noi”, sostiene Gianni Cuperlo esprimendo le preoccupazioni che sono anche di Andrea Orlando, pure lui assente ieri all’Eliseo.

Non mette in dubbio la candidatura da premier ma l’esito, invece, il sindaco di Milano. “Credo sia giusto – sostiene Sala – che Renzi sia il candidato del centrosinistra, ma non penso sia facile che diventi il presidente del Consiglio”. Il sindaco di Milano lascia un non detto: che le elezioni non producano una maggioranza netta e quindi sarà necessaria una trattativa tra partiti non alleati alle elezioni.

Più esplicito sul rischio larghe intese il ministro Carlo Calenda, che alcuni vorrebbero candidato con il movimento Forza Europa di Della Vedova coalizzato con il Pd. L’ex esponente di Sc garantisce che “al 100%” non si presenterà alle elezioni e teme “un rischio molto grosso di instabilità”. “La grande coalizione è interessante se ha un compito interessante”, premette, ma “corriamo il rischio di una campagna elettorale poco seria e di un governo di grande coalizione senza un preciso obiettivo”.

Scenario che Mdp dà per scontato: “Renzi e Berlusconi di giorno litigano di fronte all’opinione pubblica e di notte siglano accordi per spartirsi il potere”, dice il senatore Fornaro.

Commenta per primo

Lascia un commento