di NUCCIO FAVA* – In un clima già surriscaldato per il referendum crescono tentazioni e calcoli politici di vario segno per il dopo, accresciuti da una demagogia sempre più diffusa. La discussione parlamentare sugli stipendi degli onorevoli, bandiera dei 5 stelle di Grillo, ne appare la più eclatante e rumorosa. Anche perché fuori dall’aula di Montecitorio numerosi capannelli di militanti grillini hanno manifestato con striscioni e slogan variopinti a favore dell’iniziativa. Anche cittadini non militanti esprimevano il loro consenso ed insieme lo stupore per la contrarietà della maggioranza ad affrontare il tema degli stipendi dei parlamentari.
L’argomento serio e delicato è del resto considerato a parole da tutti i partiti non solo plausibile ma indispensabile ai fini di una riduzione dei costi della politica anche per ridarle dignità, credibilità e trasparenza.
La posizione dei 5 stelle è caratterizzata sin dall’inizio da forti tentazioni populiste e demagogiche. Ma anche la maggioranza di governo in molte occasioni non è da meno, e porta non poche responsabilità che contribuiscono ad offrire pretesti e occasioni frequenti tali da alimentare risposte demagogiche e qualunquiste. Come accaduto appunto con la proposta di dimezzamento degli stipendi dei parlamentari: dopo un lungo e non esaltante dibattito, la maggioranza ha imposto il rinvio del provvedimento in commissione, col risultato di spostarne l’esame non dico sine die, ma comunque dopo il referendum.
Giochi tattici e di corto respiro che squalificano tutta la politica, la allontanano dai cittadini che di conseguenza non ritengono positivo e utile partecipare e impegnarsi.
Intanto si manifestano episodi di intolleranza e di rifiuto verso gli immigrati, fortunatamente limitati, ma che rivelano un allarme più diffuso di quanto si immagini. Soprattutto se, come dicono i dati ufficiali, cresce in Italia fortemente il numero dei poveri e quasi il 50% dei giovani tra i 24 e i 35 anni è ancora costretto a vivere in famiglia. Pensate che in Danimarca sono poco più del 3%, mentre in Francia raggiungono appena il 16 per cento.
*Nuccio Fava è stato direttore del Tg1 e del Tg3
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