OSSERVATORIO AMERICANO/ Trump rema a sinistra e Hillary a destra

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI – “Il leader del mondo libero richiede  capacità di temperamento per affrontare crisi piccole e grandi…. Donald Trump non possiede queste caratteristiche”. Parla Dan Akerson, ex amministratore delegato della General Motors, il quale ha sempre votato per i candidati repubblicani. Questa volta però, come altri vip del Gop, Akerson non si riconosce nel magnate di New York.

La retorica di Trump sui trattati di libero scambio gli ha fatto guadagnare anche l’animosità della Camera del Commercio americana, che tradizionalmente supporta il Partito Repubblicano. Attaccando NAFTA (North American Free Trade Agreement) e TPP (Trans-Pacific Partnership) Trump ha cercato di avvicinarsi a Bernie Sanders per sorridere a quegli americani che hanno visto il loro lavoro scomparire per poi riapparire in Cina, Messico o altri Paesi dove la manodopera costa molto poco.
Spostandosi a “sinistra”, Trump consegna  l’establishment del Partito Repubblicano a Hillary Clinton,  la sua diretta concorrente all’elezione di novembre. Lo fa anche con le sue sparate razziste, l’ultima delle quali inviata in uno dei suoi tantissimi tweet in cui accusa l’ex first lady di essere il candidato più corrotto, ritraendo la Clinton con una montagna di banconote e una stella a sei punte. L’immagine, ovviamente antisemita, copiata da un sito di ultra destra, ha poi costretto Trump a cancellare quel tweet sostituendo la stella con un cerchio.
L’idea della corrotta Clinton si riallaccia anche alle accuse mosse da Sanders alla stessa Clinton  criticata per i suoi legami con Wall Street e i quattrini ricevuti dalle banche per alcuni dei suoi discorsi. Ma Trump ha ripreso in particolar modo le critiche di Sanders al TPP e ad altri trattati di libero scambio per cercare di attirarsi le simpatie degli elettori negli Stati, come la Pennsylvania e l’Ohio, che hanno visto posti di lavoro sfumare.
Il magnate di New York ci ha informato che lui rinegozierebbe questi trattati di libero scambio per renderli favorevoli ai lavoratori americani e per ridurre il deficit commerciale con la Cina e il Messico. Sparando grosso, Trump ci ha detto che sarebbe  pronto a imporre dazi del 45 per cento in caso di mancata cooperazione. Si tratterebbe in effetti di una tassa che aumenterebbe il costo di questi prodotti importati. Allo stesso tempo non solo causerebbe rappresaglie dall’estero  danneggiando l’esportazione di prodotti americani, ma avrebbe anche un ovvio impatto negativo sul commercio  e sull’economia globale.
I trattati di libero scambio vengono sempre proposti dalle grosse multinazionali perché ci vedono la possibilità ulteriori profitti. Gli effetti collaterali esistono, alcuni positivi (prodotti a basso prezzo per i consumatori americani), opportunità di lavoro in Paesi sottosviluppati  anche se con  salari bassissimi in comparazione a quelli statunitensi e legami con nazioni in via di sviluppo. I posti di lavoro persi in America diventano proficua retorica politica, che fa al caso di Trump.
I seguaci di Trump però ignorano che il loro “difensore” è l’incarnazione di questi trattati di libero scambio, dato che non pochi dei prodotti con marchio Trump  sono fabbricati in questi Paesi sottosviluppati. Attaccando questi trattati Trump spinge Hillary Clinton a prenderne le difese. L’ex first lady però ha fatto marcia indietro sul TPP, date le pressioni di Bernie Sanders nelle primarie. Adesso la candidata in pectore del Partito Democratico è contraria, anche se in futuro potrebbe di nuovo cambiare opinione.
Allo stesso tempo la Clinton non può che sorridere alla pubblicità negativa indirizzata a Trump della Camera del Commercio americana come pure di quelle locali, grandi sostenitrici di questi trattati. Però deve andarci piano con l’acquisizione di sfumature repubblicane, dato che confermerebbe il sospetto dei sostenitori di Sanders che lei non è altro che… un membro del Gop.
Sia Trump che Hillary Clinton hanno bisogno di ampliare il  supporto degli elettori dei campi avversi. Il magnate di New York sta cercando di “pescare” nel lago di Sanders e dei suoi elettori, anche loro arrabbiati con l’establishment rappresentato dall’ex first lady. La Clinton deve assicurarsi non solo il supporto della sua base ma tentare di non perdere i sostenitori di Sanders. Forse è per questo che un recentissimo annuncio dell’ex first lady riprende il tema di Sanders dell’università gratis.
I sondaggi continuano a favorire la Clinton con almeno cinque punti di vantaggio. L’ex first lady sembra “remare” meglio di Trump.

*Domenico Maceri docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)  

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