OSSERVATORIO AMERICANO/ Sanders, la Clinton e il libero scambio

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI* – “Hillary Clinton ha sostenuto quasi tutti questi trattati di commercio scritti dalle corporation americane”. Con queste parole Bernie Sanders distingueva la sua filosofia sul globalismo dalla sua avversaria per la nomination del Partito Democratico. Durante la sua campagna Sanders ha spesso classificato i trattati di libero scambio come strumenti desiderati dalle aziende che sempre danneggiano i lavoratori americani causando perdite di posti di lavoro.  Sanders non ha tutti i torti nel sostenere che questi trattati internazionali servono alle multinazionali per facilitare il commercio. Spesso  conducono alle chiusure di fabbriche in America e aperture in Paesi sottosviluppati dove la manodopera è molto più bassa. Dimentica però che queste nuove attività economiche causano benefici ai più poveri del mondo anche se allo stesso tempo turbano la vita dei lavoratori di alcuni settori industriali americani.
Sanders si concentra sui vantaggi che le corporation ottengono mediante queste nuove leggi che in grande misura vengono sponsorizzate dalle aziende le quali non prendono in considerazione gli effetti sulla vita dei lavoratori americani. Lo abbiamo visto recentemente in America in un video in cui i dirigenti della Carrier Air Conditioning a Indianapolis informavano i loro dipendenti che la fabbrica verrebbe chiusa e riaperta in Messico. La spiegazione ricevuta dai lavoratori fu chiara e semplice: una scelta di business e niente più.
Per i lavoratori americani si tratta di un disastro economico perché hanno visto i loro posti di lavoro sfumare in un batter d’occhi. In questo caso  Sanders addossa la colpa al NAFTA (Accordo nordamericano per il libero scambio), legge approvata nel 1992 fra gli Stati Uniti, il Messico ed il Canada. Non ha tutti i torti, anche se le frequenti chiusure di fabbriche in America  con corrispondenti perdite di posti di lavoro nell’industria manifatturiera  sono divenute quasi inevitabili considerando i costi  di produzione.  L’impatto di queste perdite di posti di lavoro colpisce in modo notevole gli americani con scarsa istruzione, i quali in passato potevano trovare un lavoro decente nell’industria manifatturiera e vivere una vita da classe media.
La soluzione alla scomparsa di posti di lavoro a causa di questi trattati internazionali era stata additata dal presidente Bill Clinton durante l’approvazione di NAFTA. Si tratta dell’addestramento di questi nuovi disoccupati per lavori del futuro. Sfortunatamente il governo ha fatto poco per ribaltare la situazione.
Nonostante questi problemi per i lavoratori americani, benefici  notevoli vengono trasferiti a Paesi sottosviluppati anche se ovviamente gli stipendi sono molto più bassi di quelli in America. Da aggiungere anche i benefici che i consumatori americani in generale ricevono da questi  prodotti fabbricati all’estero  con prezzi molto più bassi di quello che sarebbero richiesti se fabbricati in America.
Ovviamente il globalismo ha creato benessere per le corporation ma ha anche avuto un effetto positivo a ridurre la povertà nei Paesi sottosviluppati. Ha  anche aumentato l’export americano dato che questo nuovo benessere all’estero ha creato nuovi compratori per altri prodotti americani.
Paul Krugman, autorevole opinionista del New York Times, ha scritto recentemente che i trattati di libero scambio funzionano per Paesi come la Danimarca, nazione ammirata da Sanders come modello. Krugman identifica i solidi ammortizzatori sociali e il fatto che due terzi dei lavoratori  fanno parte di sindacati per spiegare l’invidiabile situazione della Danimarca.
Sanders non ha riconosciuto pubblicamente questo nesso indicato da Krugman. Ciononostante, il senatore del Vermont vi si avvicina con i suoi programmi. A cominciare  dall’aumento del salario minimo a quindici dollari l’ora che non solo aiuterebbe i lavoratori del ceto più basso ma avrebbe anche un impatto su quelli che guadagnano poco più di questa cifra con l’eventuale pressione  sugli stipendi verso l’alto. Sanders ha in programma anche  seri investimenti sulle infrastrutture che creeranno milioni di posti di lavoro nel suolo americano. Inoltre gli investimenti sull’istruzione del college gratis per tutti auspicata da Sanders offrirebbero opportunità per il futuro dato che per ottenere i lavori specializzati che pagano bene è necessaria preparazione accademica che va oltre la scuola secondaria.
In effetti, Sanders ha capito che per recuperare il terreno perso dalla classe media il governo deve muoversi. Sanders ha ragione che negli ultimi decenni il divario fra ricchi e poveri in America è aumentato. La globalizzazione ha però ridotto anche se indirettamente e minimamente il divario fra gli stipendi del mondo occidentale e quelli del terzo mondo. Da candidato alla nomination per la presidenza statunitense Sanders deve preoccuparsi per i lavoratori americani. Chi difende i lavoratori dei Paesi sottosviluppati e il divario fra i loro stipendi e quello degli americani?

*Domenico Maceri Docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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