OSSERVATORIO AMERICANO/ Quanto costerà a Trump la mancata opportunità di unificare il paese di fronte alla pandemia? I sondaggi sono severi

di DOMENICO MACERI* – In una delle recentissime conferenze stampa sul coronavirus Donald Trump ha ammesso che i decessi da covid-19 raggiungeranno 60 o 70mila, ma si è subito congratulato con se stesso dicendo di avere “preso molte decisioni importanti” che avrebbero ridotto il numero delle vittime. Il 45esimo presidente non riesce proprio a non parlare di sé  nemmeno di fronte ai una tragedia come la pandemia in corso. Per un altro presidente sarebbe stato facile unificare il Paese davanti a una tale tragica situazione; ma l’attuale inquilino della Casa Bianca continua a dividere per i suoi obiettivi politici.

Subito dopo l’11 settembre George W. Bush si comportò in tutt’altro modo riuscendo a unificare la nazione, che lo ricompensò con un indice di gradimento del 90 per cento durato parecchi mesi. L’attacco al Paese riuscì a unificare tutti gli americani per lottare contro il terrorismo, il comune nemico di allora. Bush unificò il paese mostrando empatia per le vittime, rassicurando tutti gli americani, creando unità evitando  allineamenti di parte. Dopotutto le vittime degli attacchi non avevano discriminato… fra repubblicani o democratici. I governatori di Stati liberal come Andrew Cuomo (New York), Gavin Newsome (California) ma anche repubblicani come Mike De Wine (Ohio) e Larry Hogan (Maryland) hanno seguito l’esempio di Bush, ricevendo la gratitudine dei loro cittadini. Il 77 per cento degli americani giudica favorevolmente l’operato dei loro governatori per il loro modo di affrontare la pandemia.

Il covid-19 avrebbe potuto servire a Trump in una simile occasione usando l’insicurezza degli americani, sfruttando l’effetto del “rally around the flag” (fare quadrato attorno alla bandiera) contro il nemico di tutti, senza riguardo di allineamenti politici di parte. L’attuale presidente ha deciso invece di usare la crisi per trarne vantaggi politici personali.

Le conferenze stampa della sua task force sul covid-19 miravano a presentare alla nazione le informazioni necessarie per affrontare la pandemia ma quasi dall’inizio divennero un sostituto per i comizi politici di Trump. Avrebbero dovuto parlare di più gli specialisti per dare informazioni precise, ma Trump si impose come protagonista senza assumersi però nessuna responsabilità, attaccando a destra e sinistra gli altri, dai cinesi per il virus ai media di essere fake, ai governatori per esser irresponsabili e chiunque lui vede come ostacolo ai suoi scopi.

I sondaggi gli andarono bene per poco tempo, ma tutti si sono presto accorti della sua condotta e adesso solo il 22 per cento degli americani ha fiducia nelle informazioni che il presidente dà sul covid-19. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la sua asserzione che il virus si potrebbe curare con il disinfettante. Persino la Fox News, rete molto amica del presidente, ha preso le distanze da quell’affermazione. L’espressione stupita della dottoressa Deborah Birx, uno dei membri chiave della task force, ha lasciato intuire la costernazione degli scienziati, costretti ad ascoltare la scioccante ricetta di Trump, che si era improvvisato medico senza licenza.

Se Trump non è riuscito ad entrare nel ruolo giusto di presidente di fronte alla pandemia lo si deve principalmente alla sua mancanza totale di empatia. Nessuna ammissione di aver potuto commettere degli errori, continuando ad agire con la sua filosofia che il mondo è composto solo da nemici da sconfiggere, usando tutte le armi a disposizione per cogliere i suoi obiettivi personali e politici.

Trump si è preoccupato, fin dall’inizio della pandemia, di esaltare lo stato dell’economia, considerandola la sua carta vincente in vista delle elezioni di novembre. Adesso però, oltre alla pandemia, dovrà affrontare Joe Biden a mani vuote perché i più recenti dati economici  dicono che nel primo trimestre l’economia ha subito un calo del 4,8 per cento, il livello più basso dalla Grande Recessione del 2007-2009. Gli analisti ci dicono che il secondo trimestre sarà ancora peggiore, con un ulteriore probabile calo del 30 per cento. L’economia comincerà a respirare in parte per i 3mila miliardi di dollari di stimolo approvati dal governo, ma la ripresa economica richiederà tempo. Nel 2009 ci vollero più di due anni per ritornare ai livelli della pre-recessione.

Trump continua ad insistere che gli Stati dovrebbero porre fine al lockdown (la chiusura), ma le incertezze della gente persistono, specialmente in alcune parti severamente colpite come il nord-est del Paese. I governatori degli Stati conservatori, che poco avevano fatto per ridurre i contagi, sono i primi ad adeguarsi ai desideri di Trump nel riaprire gradualmente i negozi, i ristoranti ed altri luoghi pubblici; ma l’insicurezza degli americani persiste, perché si chiedono se vale la pena rischiare il contagio del coronavirus per un taglio di capelli o per una cena al ristorante.

I sondaggi politici vedono Trump indietro a Biden di parecchi punti nel gradimento dei due aspiranti nella competizione elettorale di novembre. I sondaggi che contano però sono quelli degli Stati in bilico, che in fin dei conti determineranno l’esito finale. Anche qui Trump appare in difficoltà. Il Washington Post ci informa che i sondaggi interni della campagna di Trump lo vedono sconfitto a novembre. Sempre secondo il Washington Post, il presidente sarebbe andato su tutte le furie di fronte a questo dato e avrebbe minacciato di licenziare o di denunciare Brad Parscale, il manager della sua campagna elettorale.

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).

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