ORA DI PUNTA/ L’Egitto, il Papa e il caso Regeni

di GIOVANNI PEREZ – Un disperato grido di aiuto è stato lanciato a Papa Francesco, in vista del suo viaggio al Cairo, dai genitori di Giulio Regeni, il giovane studioso assassinato oltre un anno fa al Cairo. Come si sapeva sin dall’inizio, a torturare selvaggiamente e poi uccidere il giovane sono stati gli uomini dei servizi segreti di el-Sisi, ma la loro identità è sempre rimasta segreta.  A proteggerli è il timore dei governanti egiziani, infatti, che vengano fatti in nomi dei generali e dei rappresentanti del governo invischiati non solo in quella morte ma anche in centinaia di altri assassinii di Stato.
Renzi, come capo del governo, sotto la pressione dell’opinione pubblica, aveva mostrato di interessarsi del caso ritirando, per un paio di mesi, l’ambasciatore italiano al Cairo; ma poi, zitto-zitto, lo aveva sostituito. Forse sperava, assieme al suo collega el-Sisi, che le acque si calmassero e che quei rompiscatole di giornalisti  si dimenticassero del “caso” e, ancora, che i genitori di Giulio si dessero finalmente pace. A lui ed ai suoi compagni, in attesa di ritornare al governo, quello che realmente  interessava era mantenere  buoni rapporti con l’Egitto per via del giacimento di metano scopeto dall’Eni al largo delle sue coste, e di continuare a  fare affari con gli egiziani da parte di altre grosse ditte italiane. Adesso un ulteriore grattacapo:  i genitori di Giulio Regeni non si sono ancora dati per vinti, chiedendo aiuto al Papa. Ma, avrà pensato el-Sisi, il Papa non ha divisioni corazzate e i capi religiosi egiziani sono suoi fedeli servitori.

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