OPERAZIONE “OMBRE ROSSE”/ Arrestati a Parigi 7 ex terroristi italiani che si erano rifugiati in Francia. Ma poi sono stati rimandati tutti a casa

Le foto dei 7 ex brigatisti italiani arrestati in Francia: in prima fila (da sinistra) Giorgio Pietrostefani, Marina Petrella ed Enzo Calvitti; in seconda fila: Roberta Cappelli, Sergio Tornaghi, Narciso Manenti,Giovanni Alimonti. (archivio Ansa) 

I 7 ex terroristi italiani arrestati ieri in Francia sono stati rimandati a casa 24 ore dopo gli arresti. E con loro altri due che erano ancora ricercati. Per tutti la giustizia francese dovrà esaminare l’eventualità dell’estradizione.

Oggi Luigi Bergamin, uno dei 3 ex terroristi rossi in fuga dopo l’ondata di arresti di ieri mattina, si è presentato a palazzo di Giustizia di Parigi assieme al suo avvocato per costituirsi, come riferisce l’Ansa.

Dopo Bergamin, si è costituito anche Raffaele Ventura, uno dei ricercati nell’operazione ‘Ombre Rosse’. Dei dieci ex terroristi colpiti da mandati di cattura resta quindi latitante soltanto Maurizio Di Marzio.

Luigi Bergamin, ex militante dei PAC
(Proletari Armati per il Comunismo), deve scontare una pena di 16 anni e 11 mesi di reclusione come ideatore dell’omicidio del maresciallo Antonio Santoro, capo degli agenti di polizia penitenziaria ucciso a Udine il 6 giugno 1978 da Cesare Battisti. L’8 aprile per Bergamin sarebbe scattata la prescrizione, ma i termini sono stati interrotti dal magistrato di sorveglianza milanese Gloria Gambitta su richiesta del pm Adriana Blasco, che ha dichiarato Bergamin “delinquente abituale”. La vicenda giudiziaria di Bergamin e degli altri italiani è stata seguita direttamente in Francia dalla magistrata di collegamento italiana a Parigi, Roberta Collidà, in stretta cooperazione con i colleghi francesi. Oggi la Collidà si è recata a Roma per una riunione al ministero di Giustizia, destinata a fare il punto sull’operazione ‘Ombre Rosse’ e i suoi sviluppi nei prossimi giorni.

La delinquenza abituale si dichiara con almeno due sentenze di condanna e non ha senso che arrivi 33 anni dopo“. Così l’avvocato Giovanni Ceola, legale di Luigi Bergamin, l’ex militante dei Pac che si è costituito oggi in Francia in seguito agli arresti di ieri, ha impugnato il provvedimento con cui lo scorso marzo il magistrato della Sorveglianza di Milano Gloria Gambitta ha dichiarato il suo assistito delinquente abituale. Tale provvedimento ha effetti sulla estinzione della pena, interrompendo la prescrizione dell’8 aprile scorso, di 16 anni e 11 mesi per concorso morale negli omicidi di Antonio Santoro e di Andrea Campagna.

“E’ una buona notizia, si è costituito, vuol dire che ha capito, è un’ammissione. Adesso potrà scontare le proprie colpe“. E’ il commento di Adriano Sabbadin, il figlio del macellaio Lino Sabbadin, ucciso nel 1979 dai Pac, nell’apprendere che l”ex terrorista rosso Luigi Bergamin si è costituito alle autorità francesi a Parigi.  Sull’operazione che ha visto la collaborazione tra Italia e Francia Sabbadin ha aggiunto: “Io non ho mai avuto dubbi sulla giustizia italiana”.

I sette ex terroristi italiani rifugiati in Francia erano stati arrestati a Parigi su richiesta dell’Italia, mentre altri tre risultavano ricercati. I dieci sono accusati di atti di terrorismo risalenti agli anni ’70 e ’80.

Sono in attesa di essere presentati al giudice per la comunicazione della richiesta di estradizione da parte dell’Italia. Gli arrestati ieri sono Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, tutti delle Brigate Rosse; Giorgio Pietrostefani di Lotta Continua e Narciso Manenti dei Nuclei Armati.

L’operazione attuata ieri era stata condotta dall’Antiterrorismo della polizia nazionale francese (Sdat) in collaborazione con il Servizio di cooperazione internazionale della Criminalpol e con l’Antiterrorismo della Polizia italiana e con l’esperto per la sicurezza della polizia italiana nella capitale francese.

La questione degli ex terroristi italiani rifugiati Oltralpe si era sbloccata con l’incontro a distanza l’8 aprile scorso tra i ministri della Giustizia dei due Paesi. Quella degli Anni di Piombo è una ferita ancora aperta, l’Italia non può più aspettare, aveva detto la ministra Marta Cartabia, sottolineando l’urgenza di dare subito seguito alla richiesta di assicurare alla giustizia gli ex terroristi, prima che per alcuni scattasse la prescrizione. Un’ esigenza compresa da Eric Dupond-Moretti , che per la prima volta per il suo Paese aveva ammesso la necessità di “fare presto”.  La data cerchiata sul calendario quella del 10 maggio, data in cui scatta la tagliola della prescrizione per l’ex brigatista Maurizio Di Marzio, che è uno dei tre ex terroristi in fuga. Per tutti gli arrestati di oggi si ferma il corso della prescrizione.

“Il governo esprime soddisfazione per la decisione della Franciadi avviare le procedure giudiziarie, richieste da parte italiana, nei confronti dei responsabili di gravissimi crimini di terrorismo, che hanno lasciato una ferita ancora aperta. La memoria di quegli atti barbarici – aveva affermato il premier Mario Draghi – è viva nella coscienza degli italiani”. “A nome mio e del governo, rinnovo la partecipazione al dolore dei familiari nel ricordo commosso del sacrificio delle vittime”.

‘Ombre rosse‘: così è stato chiamato dalle autorità francesi e italiane il dossier riguardante gli ex terroristi italiani arrestati questa mattina in Francia. Dei 7 fermati, quattro hanno una condanna all’ergastolo: Capelli, Petrella, Tornaghi e Manenti. Per Alimonti e Calvitti, la pena da scontare è rispettivamente 11 anni, 6 mesi e 9 giorni e 18 anni, 7 mesi e 25 giorni. Pietrostefani deve scontare una pena di 14 anni, 2 mesi e 11 giorni.

L’Eliseo, in merito all’arresto degli ex brigatisti italiani, ha precisato che la decisione del presidente Emmanuel Macron “si colloca strettamente nella logica della ‘dottrina Mitterrand’ di accordare l’asilo agli ex brigatisti, eccetto ai responsabili di reati di sangue’“. La compilazione della lista dei 10 nomi (7 arrestati e 3 in fuga) è il frutto “di un importante lavoro preparatorio bilaterale, durato diversi mesi – sottolinea l’Eliseo – che ha portato a prendere in considerazione i reati più gravi”.

“Il presidente Emmanuel Macron – aveva fatto sapere l’Eliseo – ha voluto risolvere questo problema, come l’Italia chiedeva da anni. La Francia, anch’essa colpita dal terrorismo, comprende l’assoluto bisogno di giustizia delle vittime”. Inoltre, questa decisione – continua l’Eliseo – “rientra nella logica della necessità imperativa di costruire un’Europa della giustizia, in cui la reciproca fiducia sia al centro”.

Irene Terrel, storica avvocata degli ex terroristi italiani in Francia, ha parlato di un “tradimento senza nome da parte della Francia“. “Sono indignata – aveva detto la Terrel dopo l’arresto dei 7 ex brigatisti – e non ho parole per descrivere questa operazione che assomiglia a una piccola retata”.

E l’esponente di “Prima linea” Sergio Segio ( ex esponente di Prima Linea che ha scontato 22 anni di carcere per i delitti commessi negli ‘Anni di piombo’ e da anni ormai con il Gruppo Abele impegnato nel sociale) afferma che “Gli arresti avvenuti a Parigi di persone anziane, in alcuni casi gravemente malate come Giorgio Pietrostefani, a quasi mezzo secolo di distanza dai fatti per i quali sono stati condannati sono l’effetto del diritto alla vendetta”. Un periodo quello cosiddetto degli ‘Anni di piombo‘ non passato alla storia, dice Segio se 2lo si continua a trattare come cronaca, inseguendo ai quattro angoli del mondo uno sparuto gruppetto di persone anziane, e da decenni pur faticosamente integrate, affinché ‘non la facciano franca’ “. Protagonisti di “un periodo cupo e insanguinato per il quale le ferite personali di chi è stato direttamente o indirettamente colpito esigono rispetto e considerazione, ma che non devono e non possono trasformarsi in vendetta, come sta avvenendo”.

“Gli arresti degli ex brigatisti in Francia non sono solo una soddisfazione per noi parenti delle vittime, ma per tutto il nostro Paese. E’ una giustizia che doveva essere assicurata molto tempo fa”. Così Adriano Sabbadin, figlio del macellaio Lino Sabbadin, ucciso nel 1979 a Santa Maria di Sala (Venezia) dai Pac, commentava l’operazione svolta dall’antiterrorismo a Parigi. “I nostri morti non sono andati in prescrizione’ – aggiungeva – e mi dispiace che Luigi Bergamin – che partecipò all’omicidio Sabbadin ndr. – sia riuscito a fuggire, ma sono fiducioso che possa essere catturato. Questi non sono da considerare ex terroristi”.

E Mario Calabresi, oggi giornalista, figlio del commissario assassinato sotto casa, ha scritto su twitter: “Oggi è stato ristabilito un principio fondamentale: non devono esistere zone franche per chi ha ucciso. La giustizia è stata finalmente rispettata. Ma non riesco a provare soddisfazione nel vedere una persona vecchia e malata in carcere dopo così tanto tempo #annidipiombo“.

LE ALTRE REAZIONI DI IERI AGLI ARRESTI

Non sappiamo se, alla luce degli sviluppi di oggi, i parenti delle vittime siano disposti a confermare le dichiarazioni rilasciate ieri.Comunque le riportiamo, come abbiamo fatto già ieri.

“Finalmente giustizia è fatta. Questa è la prima cosa che ci sentiamo di dire”. E’ quanto riferisce all’ANSA Monica Gurrieri, figlia dell’appuntato dei Cc Giuseppe Gurrieri, ucciso nel 1979 da Narciso Manenti, uno dei brigatista arrestati oggi in Francia e che per l’omicidio del militare deve scontare l’ergastolo. La moglie e i due figli di Gurrieri abitano a Brescia. “Io avevo nove anni e mio fratello 14 e lui aveva visto dal vivo l’omicidio di mio padre” ha raccontato la figlia dell’appuntato. “Ho avuto la notizia dell’arresto da parte di un ex collega di mio padre che mi ha chiamata in lacrime dicendomi ‘ce l’abbiamo fatta’”.

“Per fortuna, così come successo per Battisti, queste persone non la faranno franca. Ora attiviamo subito la macchina della giustizia e siano applicate le pene affinché possano pagare per quello che hanno fatto”. A commentare così la vicenda degli arresti in Francia è Maurizio Campagna, presidente dell’Associazione per le vittime del terrorismo e fratello di Andrea Campagna, l’agente di pubblica sicurezza calabrese ucciso dai terroristi il 19 aprile 1979 a Milano.

“Dopo 43 anni l’arresto di Tornaghi, coivolto nell’omicidio di mio padre, dimostra che la vicenda è tutt’altro che chiusa. Vorrei dirgli che ci sono ancora particolari e complici che loro non hanno rivelato: facciano un’operazione di verità e ammettano gli orrori che hanno commesso. Ricordo che va fatta ancora luce anche sul caso Moro”. A commentare all’ANSA gli arresti per terrorismo in Francia è Alberto Di Cataldo, figlio di Francesco Di Cataldo, il maresciallo ucciso a Milano dalle Br il 20 aprile 1978, nel periodo in cui Aldo Moro era tenuto in stato di sequestro.

”Lo Stato oggi deve essere contentissimo. Se da un punto di vista umano, infatti, dispiace sempre che una persona venga arrestata, dall’altro va dato atto all’Italia che, almeno su questa vicenda, ha mantenuto una linea di piena fermezza che era non solo necessaria ma indispensabile”. Così Franco Cirillo, uno dei tre figli di Ciro Cirillo, l’ex assessore regionale della Campania sequestrato dalle Brigate Rosse nel 1981 a Torre del Greco (Napoli) e poi rilasciato a Napoli dopo quasi tre mesi.

“Proprio ieri – ricorda Franco Cirillo – è stato il quarantesimo anniversario di quel terribile giorno. Lascio immaginare cosa possano provare, pur a distanza di così tanto tempo, i figli nel rivedere le immagini del loro padre che ancora oggi fanno da sfondo ai servizi dei principali telegiornali nazionali”. Tra le persone finite in manette in Francia anche Marina Petrella, oggi 67 anni, accusata tra l’altro di avere avuto un ruolo di primo piano nella storia del rapimento di Ciro Cirillo, rapimento durante il quale furono uccisi l’autista dell’ex assessore regionale Mario Cancello e l’uomo della scorta, il maresciallo Luigi Carbone.

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