Liliana Segre, Patrik Zaki, Giulio Regeni, Pietro Lunardi, Luciano Violante e Mario Draghi

di SERGIO SIMEONE * – Liliana Segre ha novant’anni e vive a Milano. Per lei partecipare ad una seduta del Senato rappresenta una fatica enorme. Ma Lei si sobbarca a questa fatica quando sono in discussione questioni cruciali per la difesa della democrazia, della libertà e della civiltà del nostro Paese. Perciò, quando ha saputo che al Senato c’era da discutere  una mozione che impegnava il nostro Governo a dare la cittadinanza italiana a Patrik Zaki ha ritento che fosse suo dovere dare con il suo sostegno a chi si batte per ridare la libertà al giovane ricercatore egiziano dell’Università di Bologna, tenuto in prigione al Cairo dagli scherani di Al Sisi.

La sua presenza e le sue parole (“so che cosa significa essere privati della libertà, mi sento di essere come una nonna di Patrik Zaki“) avranno probabilmente contribuito a far sì che la mozione fosse approvata quasi all’unanimità. Gli stessi Fratelli d’Italia, che si sono astenuti, hanno tenuto a chiarire che la loro astensione non voleva dire ostilità alla concessione della cittadinanza, ma solo esprimere una valutazione di inopportunità di compiere questo atto, che, secondo loro, avrebbe potuto irritare Al Sisi e risultare perciò controproducente per la sorte di Zaki.

Ma Draghi, nonostante i suoi omaggi più volte espressi (a parole) all’autorità morale di Liliana Segre, nonostante il rispetto più volte dichiarato (a parole) del Parlamento, ha detto che quella mozione del Senato è una cosa del Parlamento, volendo con ciò dire che  il governo non si sente impegnato a darle attuazione. A parte la grave scorrettezza costituzionale( una mozione del Senato impegna il governo) il presidente del Consiglio ha dimostrato di avere la sensibilità di….un banchiere.

Questa dichiarazione sul caso Zaki  getta nuova luce  su quanto detto in conferenza stampa da Draghi sulla natura dittatoriale del regime di Erdogan: tutti i commentatori politici si sono buttati sulla prima parte della dichiarazione lodando il premier per aver avuto il coraggio di dire che Erdogan è un dittatore.

Nessuno si è soffermato sulla seconda parte, dove Draghi dice che con i dittatori occorre convivere se si vogliono fare gli interessi dell’Italia. Eppure questa seconda parte è gravida di sinistre conseguenze: se vogliamo vendere le nostre navi militari ed i nostri elicotteri – essa vuol dire – se vogliamo che l’Eni continui a sfruttare i giacimenti di gas e petrolio nei Paesi governati da dittatori dobbiamo tollerare che questi arrestino e uccidano chiunque sia sospettato di minacciare il loro potere. Compresi Zaki e Regeni.

E’ incredibile come  con l’avvento di Draghi a capo del governo si sia verificato un ottundimento della capacità critica dei media italiani. Ben altra fu l’accoglienza che ebbe una simile dichiarazione, circa vent’anni fa,  pronunciata dall’allora  ministro dei trasporti Pietro Lunardi. Quando questi ebbe l’impudenza e l’imprudenza di dire che  la mafia e la camorra sono brutte cose, ma con esse bisogna convivere, ci fu una sollevazione generale, non solo da parte dei familiari delle vittime e dei magistrati, ma di quasi tutta la stampa. E l’allora capogruppo dei Democratici di Sinistra alla Camera, Luciano Violante, ne chiese le dimissioni. Questa volta invece per Draghi solo applausi.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

 

 

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