Legge sulla scuola. Sì della Camera tra le contestazioni: 6 no e 24 “non voto” nel Pd, 4 sì da Forza Italia

Scuola e CameraREDAZIONE/

L’Aula della Camera ha definitivamente approvato, in un clima teso, la riforma della scuola, che è diventata legge. Hanno votato a favore 267 deputati, 173 contro. In quattro si sono astenuti. Sono 39, tra i quali Bersani e Cuperlo, i deputati Pd che non hanno partecipato al voto. Tra questi, secondo Alfredo D’Attorre, sono 24 gli esponenti della minoranza Pd. L’ex capogruppo Roberto Speranza risultava in missione, ma ha fatto sapere di non aver partecipato al voto per scelta. I deputati del Pd che  hanno votato contro sono D’Attorre, Civati, Fassina, Monica Gregori, Pastorino e Maestri. Quattro invece i deputati di Forza Italia vicini al senatore Denis Verdini che hanno votato sì in dissenso dal resto del gruppo: sono Luca D’Alessandro, Monica Faenzi, Giovanni Mottola e Massimo Parisi.

La tensione è salita al massimo quando i deputati della Lega hanno levato in alto durante le dichiarazioni di voto dei cartelli con la scritta “giù le mani dai bambini”. La seduta è stata sospesa e il capogruppo Massimiliano Fedriga è stato espulso dall’Aula dal vice presidente di turno, il tenace digiunatore Giachetti (Pd).

“Questo non è un atto finale” ma “l’atto iniziale di un nuovo protagonismo della scuola”, commenta il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. “Abbiamo mantenuto un altro impegno. Avevamo detto ‘no gender’ nelle scuole ed abbiamo ottenuto una circolare del ministro Giannini che chiarisce in modo incontrovertibile che ci vuole il consenso informato dei genitori perché qualcosa di extra curriculare entri nelle classi”, si è comopiaciuto il ministro dell’Interno Angelino Alfano. “Ora le 100 mila assunzioni”, si è vantato Renzi.

“E’ una riforma sbagliata e la sua approvazione rappresenta un fatto grave per la democrazia, oltre che andare contro il programma con cui siamo stati eletti – hanno dichiarato i deputati del Pd che hanno votato contro la riforma – C’è un grande movimento di docenti che ha chiesto ascolto e non lo ha ricevuto, anzi è stato impedito al Parlamento di compiere appieno il suo dovere, ricorrendo alla questione di fiducia al Senato. La chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici, il meccanismo di finanziamento, la genericità delle deleghe e l’assenza di un piano pluriennale sono aspetti che restano profondamente sbagliati. Questa è una partita che, nel mondo della scuola e nel paese, rimarrà aperta”, afferman in una nota congiunta Monica Gregori, Stefano Fassina, Giuseppe Civati, Luca Pastorino e Andrea Maestri, che hanno votato no al provvedimento.

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