L’autonomia differenziata tra spinte divergenti e uso dei fondi del Pnrr

di SERGIO SIMEONE* –  Siamo alla vigilia delle elezioni e puntualmente si riaccende la battaglia sulla autonomia differenziata:  le regioni del nord (soprattutto quelle a conduzione leghista come il Veneto di Zaia e la Lombardia di Fontana) rivendicano il diritto a legiferare su una serie di materie oggi di competenza statale mentre le regioni meridionali  vedono in questa  rivendicazione il pericolo che si approfondisca il divario tra nord e sud, soprattutto relativamente alla fruizione di molti servizi essenziali come scuola e sanità.

A rimettere all’ordine del giorno la questione è stata il ministro per gli affari regionali Mariastella Gelmini, che ha approntato un disegno di legge che ha intenzione di portare in Consiglio dei ministri. Si tratta di una proposta che costituisce un peggioramento rispetto al disegno di Boccia  (il ministro per gli Affari Regionali del governo Conte 2), il quale, proprio per evitare che l’autonomia differenziata  aggravasse le condizioni del Mezzogiorno, prevedeva che essa doveva essere preceduta dalla definizione dei LEP (livelli di prestazioni essenziali) da garantire a tutti i cittadini, in qualsiasi regione risiedano.  Nel disegno di legge della Gelmini, invece, dei LEP non c’è nessuna traccia.

E’ comprensibile perciò la forte contestazione del provvedimento da parte di un vasto fronte di politici, intellettuali, uomini delle istituzioni, tra i quali spiccano il costituzionalista ed ex senatore PD Massimo Villone, il direttore dello SVIMEZ Luca Bianchi, i pentastellati senatore Vincenzo Presutto e  deputato Alessandro Amitrano, il sindacalista Cgil Christian Ferrari, per finire con il presidente regionale della Campania Vincenzo Deluca, che, come al solito, usa i toni più sprezzanti: il ddl è quella cosa ignobile, una vera provocazione nei confronti del Sud e un vero e proprio calpestamento della Costituzione italiana.

Ma la novità più importante di questo nuovo tentativo di far approvare dal Parlamento l’ autonomia differenziata è che la contestazione più autorevole alle proposte della Gelmini viene dall’interno del suo partito, Forza Italia, e precisamente dalla salernitana e dichiaratamente antileghista Mara Carfagna, ministro della coesione territoriale, che sta spendendo molte energie sui LEP, riuscendo anche a conseguire qualche sia pur limitato risultato. E’ una questione su cui dovrà perciò necessariamente intervenire Mario Draghi. Il quale, incontrando giorni fa una scolaresca a Sommacampagna (VR) ha detto che lui per il 50% è veneto poiché il padre era di Padova. Spero che si ricordi che per l’altro 50% è irpino, poiché la madre era di Monteverde in provincia di Avellino.

Ma si sa che il premier non è uomo che si faccia condizionare dai campanilismi. E’ piuttosto ligio, invece, nel seguire le direttive europee e lo ha dimostrato anche nel formulare il Pnrr, che ha una impronta fortemente meridionalista, proprio come vuole l’Europa. E’ questa la ragione vera per cui Draghi non può assolutamente essere d’accordo con una proposta che, anziché accorciare le distanze tra le due Italie, come vuole l’Europa e come si propone di fare il Pnrr, le aumenta.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

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