di SERGIO SIMEONE* – Non appena qualcuno comincia a proporre di dare la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati salta immediatamente fuori qualche “ sincero democratico, ma anche realista” il quale ci spiega che si tratta di una legge giustissima, una verascelta di civiltà che farebbe bene non solo ai diretti interessati, ma anche a tutta l’Italia, ma che ora non si può fare perché si farebbe un favore a Salvini.
Questo argomento, che già a marzo del 2018 ha mostrato la sua debolezza, quando l’ astuta mossa di Renzi di avviare lo ius soli su un binario morto nella precedente legislatura non salvò il PD da una sonora legnata, viene ora ripetuto dopo la proposta di Zingaretti di mettere lo ius culturae ai primi posti nell’agenda politica del Governo Conte 2. E ciò nonostante i sondaggisti ci dicano che vi è un crescente favore dell’opinione pubblica per la legge( secondo un’indagine di Ilvo Diamante i favorevoli sono il 71%) e si assista in questi giorni , proprio in Emilia Romagna ad una forte ripulsa verso la predicazione xenofoba di Salvini( v. il movimento delle “sardine”). Mentre si moltiplicano i guasti prodotti dall’assenza della legge (buon ultima la esclusione della squadra di basket “Tam Tam” dal campionato, perché i ragazzi, tutti figli di immigrati africani non avevano la cittadinanza italiana).
Ma al di là dei numeri dei sondaggisti e di altri argomenti che ci convincono che la legge si può e di deve fare ora, vorrei porre ai “democratici realisti” una domanda molto semplice: se per vincere le elezioni il partito democratico deve accettare che Salvini stabilisca quale sia la graduatoria dei valori a cui il governo del Paese o di una regione deve attenersi, a che cosa serve che vinca le elezioni? Meglio votare direttamente per Salvini, il quale sarà certamente molto più bravo di Zingaretti nel realizzare il suo programma.
*Sergio Simeone, docente di Stori e Filosofia, è stato dirigente del Sindacato Scuola della Cgil
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