Dura sconfitta al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi per Emmanuel Macron. Un crollo al di là di ogni previsione per il presidente che in settimana – tornando dalla sua prima visita nell’Ucraina in guerra – aveva chiesto ai francesi una maggioranza “forte e chiara” per una “Francia davvero europea”.
Ha vinto l’esponente della sinistra Jean-Luc Mélenchon, che tallona la maggioranza presidenziale. Ha asvutpo un notevole successo anche Marine Le Pen, che, senza neppure fare campagna elettorale, ha un numero di deputati all’Assemblea Nazionale dieci volte più numeroso delle elezioni precedenti.
La presidente del governo nominata da Macron, Elisabeth Borne, ha pronunciato parole pesanti: “E’ una situazione inedita che rappresenta un rischio per il nostro Paese, viste le sfide che dobbiamo affrontare, sia sul piano nazionale che internazionale”. La Borne ha lanciato un appello all’unità per “costruire una maggioranza d’azione” per il paese, ipotizzando anche eventuali “compromessi” per tenere la rotta.
Il Parlamento francese esce infatti dalle urne con equilibri sconvolti. Emmanuel Macron con la sua coalizione Ensemble! è lontanissimo dalla maggioranza assoluta, necessaria per governare: 289 seggi. Nel primo mandato aveva 341 deputati, oggi fra 210 e 230, secondo le ultime proiezioni. Segue la Nupes di Jean-Luc Mélenchon, con 170-190 seggi. Decuplica Marine Le Pen, con il Rassemblement National, che sale a 80-95 seggi, rispetto agli 8 attuali. Scende, invece, il partito dei Républicains, la destra tradizionale, a 58-65 seggi.
“Siamo riusciti ad eleggere un gruppo molto forte di deputati all’Assemblea, che d’ora in poi sarà ancora più nazionale. Sarà di gran lunga il più numeroso della storia della nostra famiglia politica”, ha detto a caldo Marine Le Pen. Questo risultato permette di “preservare il Paese dal regno del partito unico”, ha affermato. “Faremo un’opposizione ferma, senza connivenze, ma responsabile”, perché “il nostro solo interesse è quello della Francia”, ha aggiunto. Anche il segretario del Rassemblement National, Jordan Bardella, plaude a quello che chiama “tsunami” di voti per la sua formazione.
La debacle dei macroniani
Sul fronte opposto, diversi fedelissimi di Macron sono stati sconfitti. La ministra della Salute, Brigitte Bourguignon, è stata battuta nella sesta circoscrizione del Pas-de-Calais, arrivata seconda dietro a Christine Engrand, candidata del Rassemblement National. Bourguignon dovrà dunque lasciare il governo. Stessa sorte per la ministra della Transizione Ecologica, Amélie de Montchalin. e per la ministra degli Affari Marittimi Justine Bénin. Il ministro degli Affari europei, Clément Beaune, è stato invece eletto al fotofinish a Parigi.
Tra gli sconfitti anche il presidente dell’Assemblea Nazionale, Richard Ferrand, e il capogruppo di En Marche in parlamento, Christophe Castaner.
Ce l’ha fatta invece la prima ministra francese Elisabeth Borne, eletta parlamentare con il 52,46% dei voti.
Per Macron si profila una situazione complicata, con un parlamento difficilmente governabile. La forza più “moderata” con la quale il governo potrebbe negoziare, la destra dei Républicans, dovrebbe prendere fra 60 e 75 seggi, per la prima volta meno di quelli dell’estrema destra della Le Pen.
L’Eliseo tende la mano agli altri partiti: “La nostra mano è tesa a tutti quelli che vogliono portare avanti il Paese“, ha detto la portavoce del governo francese Olivia Grégoire .

L’astensionismo
Le elezioni sono state caratterizzate da alti livelli di astensionismo, incentivati dall’afa. E’ tornata infatti a scendere l’affluenza alle urne. Alle 12 aveva fatto registrare mezzo punto percentuale in più rispetto a domenica scorsa, per il primo turno. Ma secondo il ministero dell’Interno l’affluenza alle 17 è stata del 38,11%, in calo rispetto alla stessa ora di 7 giorni fa, quando aveva fatto registrare il 39,42%. Il tasso di affluenza resta però di 3 punti superiore rispetto alla stessa ora della giornata di ballottaggio di 5 anni fa.
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