Il reddito di cittadinanza usato da Renzi per l’aggancio al carro di Berlusconi

di SERGIO SIMEONE* Sappiamo tutti la fatica che sta facendo Matteo Renzi per accreditarsi  presso il centro-destra. Ha cominciato la sua marcia di avvicinamento quando era ancora segretario del Pd e presidente del Consiglio cancellando l’art. 18 dello statuto dei lavoratori (quello che vietava il licenziamento di un lavoratore senza giusta causa). Ha proseguito facendo cadere il governo Conte 2 . Ha poi mandato, in occasione delle elezioni regionali, in Puglia il fido Scalfarotto a mettere in piedi una lista sedicente di sinistra per sottrarre voti al Pd Emiliano e favorire l’elezione di Fitto, candidato della destra. Ha infine dato una mano al centrodestra per affossare il disegno di legge Zanal Senato.

 Per togliere ogni dubbio circa la posizione politica che stava andando ad occupare, Renzi ha stretto un accordo con Miccichè, plenipotenziario di FI in  Sicilia in vista delle prossime elezioni regionali nell’isola e comunali a Palermo.

Già, perché la prima tappa della marcia verso destra  è (nelle mire del nostro) l’aggancio di Forza Italia, partito non sovranista e vagamente europeista (come può esserlo un partito il cui leader  è amico anche di Putin e di Orban),  e quindi meno repellente  di Lega e Fratelli d’Italia agli occhi di un elettorato distratto.

 E qual è, si è chiesto il senatore di Rignano, il tema su cui trovare facilmente una saldatura con FI? Ma è evidente: il reddito di cittadinanza.  Renzi, infatti, si è ricordato delle parole sprezzanti con le quali Berlusconi si pronunciò su questo nuovo istituto quando fu approvato dal Parlamento (“E’ una barzelletta. È una bufala, è una presa in giro per gli italiani”). Ed allora ha cominciato a sparare cannonate ad alzo zero contro questo provvedimento, che, secondo lui, non può essere riformato per le criticità che ha mostrato nella sua prima applicazione, come pensano la sinistra, i 5 stelle e lo stesso Draghi, ma totalmente cancellato. Perché, ha tuonato, i giovani devono imparare a guadagnare il reddito con il sudore della fronte.

A questo punto si è verificato il colpo di scena: mentre Renzi si spingeva verso destra per agganciare Berlusconi, questi, da abile giocatore di scacchi, faceva la mossa del cavallo e si spostava alla sua sinistra dicendo che il reddito di cittadinanza è utile perché rappresenta un rimedio alla povertà.  Renzi è rimasto frastornato ed ora non sa che pesci pigliare, tanto che non si regista alcun suo commento alla dichiarazione del cavaliere.

In realtà né a Renzi, né a Berlusconi frega niente dei poveri e dei disoccupati (anche se la posizione più giusta è quella del secondo, perché la disoccupazione non dipende certo dalla mancanza di voglia di lavorare, ma dalla mancanza di offerta di lavoro).  Entrambi sono cinici giocatori che usano i problemi dei poveri  esclusivamente per perseguire  il proprio tornaconto personale. Renzi vuole riciclarsi e ritrovare un ruolo nell’agone politico dopo svariati fallimenti. Berlusconi butta reti per effettuare una pesca a strascico di grandi elettori, che gli permetta di realizzare il sogno di conquistare il Quirinale.  Il nostro auspicio è che nessuno dei due raggiunga il suo obiettivo.

* Sergio Simeone,  docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato scuola della Cgil.

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