Il “miracolo” di Bernie Sanders

di SERGIO SIMEONE* – Il “socialista” Bernie Sanders trionfa in Nevada. La strada è ancora molto lunga ed irta di ostacoli, ma che la marcia di Bernie possa concludersi con la sua vittoria prima nelle primarie del Partito Democratico e poi  nelle elezioni presidenziali di novembre non è del tutto impossibile. Non va dimenticato, infatti, che già nel 2016, quando Sanders  fu sconfitto al fotofinish da Hillary Clinton, molti sondaggisti lo prevedevano vincente in un eventuale  confronto con Trump.

E’ una cosa paradossale che un socialista venga eletto Presidente nella società nella quale il capitalismo ha raggiunto il suo massimo sviluppo? Soprattutto per un marxista, al contrario, questo dovrebbe essere del tutto naturale. Secondo Marx, infatti, la rivoluzione socialista sarebbe scoppiata proprio nei Paesi maggiormente sviluppati del tempo (l’Inghilterra, La Germania, la Francia), perché lì sarebbe esplosa la contraddizione fondamentale, quella tra la massima socializzazione della produzione e la massima concentrazione delle ricchezze in poche mani. Tanto vero che quando nel 1917 scoppia la rivoluzione d’ottobre in Russia Antonio Gramsci pubblica sull’organo del  Partito socialista L’Avanti,  un articolo  dal titolo significativo “La rivoluzione contro il Capitale”, dove Il Capitale è il libro più importante scritto dal filosofo di Treviri per descrivere la dinamica del passaggio dal capitalismo al socialismo.

Siamo dunque, con Sanders, alla vigilia di una rivoluzione socialista negli Stati Uniti? Naturalmente abbiamo un po’ esagerato: Marx, come sottolinea sempre Gramsci nel suo articolo, non aveva potuto prevedere gli straordinari eventi  che si sarebbero verificati all’inizio del secolo scorso (innanzitutto la spaventosa Prima Guerra Mondiale)  che avrebbero messo in crisi il suo schema di interpretazione della realtà.  Figuriamoci se quello schema può essere applicato oggi alla realtà di un secolo e mezzo dopo.

In realtà Sanders non vuole fare nessuna rivoluzione socialista. Né vuole abbattere il sistema capitalistico. Vuole semplicemente realizzare un programma di tipo socialdemocratico sul modello di quello affermatosi in Europa dopo la seconda guerra mondiale: redistribuzione delle ricchezze mediante il sistema fiscale, tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, welfare state.

Ma se quella di Sanders non sarebbe una rivoluzione socialista, certamente sarebbe per la società nordamericana una rivoluzione sconvolgente, tenuto conto del fatto che nel Paese più ricco del pianeta ci sono milioni di persone che vivono in assoluta povertà, manca un sistema sanitario pubblico anche  lontanamente paragonabile a quello europeo ed è un sogno (irrealizzabile) per un ragazzo proveniente da una famiglia modesta arrivare a frequentare una delle prestigiose università americane.

Intanto il simpatico ed arzillo politico americano un successo importante lo ha già realizzato: riuscire a tener testa ai Bloomberg ed ai Biden, nonché allo stesso Buttiggieg senza avere alle spalle nessun grande finanziatore , ma solo un pulviscolo di tanti entusiasti piccoli (disinteressati) sostenitori . Ora non ci resta che aspettare il miracolo.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil

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