Il “caso Morra” e il conflitto tra “Titolo V”, l’articolo 21 della Costituzione e una squallida strumentalizzazione

di ENNIO SIMEONE – “Titolo V” è un nuovo programma di Rai3 (in onda dal  23 ottobre tutti i venerdì) che si è conquistato già all’esordio una grande popolarità con uno scoop che poteva apparire come una non-notizia ed è invece diventata una notizia da prima pagina, con sviluppi a catena sui giornali e su tutte le tv: l’intervista al commissario governativo per a gestione della sanità in Calabria, il generale in pensione dei Carabinieri Saverio Cotticelli. Il quale, alla domanda del giornalista di “Titolo V” sul perché il piano sanitario in Calabria per l’epidemia di coronavirus non avesse previsto le misure necessarie all’arrivo della seconda ondata, rispose candidamente che non spettava a lui occuparsene. Salvo poi ammettere, di fronte alle incalzanti insistenze dell’intervistatore, che… sì, toccava a lui predisporre quel piano, e che lo stava preparando. 

Conseguenza: Cotticelli venne invitato dal ministro della Salute, Roberto Speranza, a dimettersi o per la grave omissione o per la figuraccia di aver fatto un piano anti-covid…a sua insaputa. Versione corretta dal Cotticelli poche sere dopo, andando ospite, su La7, al programma “Non è la l’Arena“: qui, a domanda di Massimo Giletti su quel pasticcio, il generale motivò la risposta sbagliata data al giornalista di “Titolo V” con il fatto che mentre rilasciava quella intervista si era trovato in stato confusionale, come se fosse stato drogato, tant’è che subito dopo era stato colto da conati di vomito.

Il seguito di questa vicenda è noto per gli sviluppi che ha avuto dopo la sostituzione immediata del generale alla carica di commissario per la sanità calabrese con un altro personaggio, Giuseppe Zuccatelli, di cui è venuta fuori la registrazione di una esibizione di qualche mese fa comicamente negazionista sul propagarsi del covid e sull’efficacia della mascherina, tale da indurre il ministro della Sanità a revocare anche a lui la nomina a commissario. E, come se non bastasse, è arrivato poi il forfait del professore Eugenio Gaudio, ex rettore dell’Università La Sapienza di Roma, che, dopo aver dato la disponibilità ad occupare il ruolo di commissario alla Sanità nella sua regione di origine, ha rinunciato con la singolare motivazione che sua moglie non intende trasferirsi in Calabria.

Di fronte a questa sconcertante telenovela è comprensibile la reazione che ha avuto il parlamentare calabrese del M5s Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia. Il quale, subito dopo il flop di Cotticelli, aveva proposto il nome di Gino Strada, fondatore di Emergency, come commissario straordinario per la sanità calabrese, ma si era sentito replicare sprezzantemente dal presidente provvisorio della Calabria, Nino Spirlì, succeduto un mese fa alla presidente Jole Santelli, strappata alla vita all’età di 52 anni dal un tumore che da anni la stava consumando, che “i calabresi non hanno bisogno di persone come Gino Strada perché la Calabria non è l’Afghanistan”.

Morra ha usato una frase un po’ infelice per dire una cosa vera e cioè che la morte, purtroppo prevedibile di Jole Santelli per il cancro che la stava consumando, ha fatto venire alla ribalta “le persone che gli elettori calabresi si meritano”, come dimostra l’arresto quattro giorni fa del presidente del consiglio regionale per sospetti favori alla ‘ndrangheta.

 Morra lo ha detto con una frase contorta, ma – come ovvio – non ha affatto lanciato accuse alla povera Santelli. Però le opposizioni (in testa Matteo Salvini per la Lega, Giorgia Meloni per Fratelli d’Italia e la Gelmini per Forza Italia)  si sono immediatamente aggrappati all’uso contorto delle parole di Morra (incautamente deplorato perciò anche da esponenti dei Cinquestelle) per scatenare una campagna di denigrazione del presidente della Commissione antimafia chiedendone le dimissioni e annunciando di voler disertare le sedute della commissione per protesta.

A questa spregiudicata campagna denigratoria si è aggrappato il direttore  di Rai3 per assumere una decisione censoria senza precedenti: quella di annullare la presenza di Morra, cioè del presidente della Commissione parlamentare antimafia,  quando era già negli studi Rai per il collegamento, alla puntata di venerdì scorso del programma “Titolo V” alla quale era stato invitato per parlare delle vicende del commissariamento della sanità calabrese. 

Il successivo impegno dei vertici Rai ad ospitarlo nello stesso programma o in altri è una toppa che non copre il buco di un intervento censorio di cui non si ha memoria nemmeno negli anni più bui dell’integralismo democristiano. Il titolo quinto della Costituzione  (che regola il decentramento regionale della Sanità) non può cancellare l’articolo 21 che recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

PS.MA LA GELMINI CONTINUA A STRUMENTALIZZARE!…

Purtroppo qualcuno della opposizione di destra continua lo sciacallaggio e la strumentalizzazione. Eccone una prova avvilente:

«Il tentativo di sviare il dibattito sulle gravissime parole del Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie, Nicola Morra, a proposito della compianta Jole Santelli e dei calabresi, un tentativo che ha preso spunto dalla sua mancata partecipazione ad una trasmissione Rai, non avrà per quel che ci riguarda successo. Morra deve dimettersi perché le sue dichiarazioni sono indegne di una carica istituzionale così rilevante e offensive, oltre che per la nostra collega prematuramente scomparsa, anche per tutti i malati oncologici e per i calabresi: la palese mancanza di equilibrio politico e di serenità di Morra inficiano anche l’azione di contrasto alla criminalità organizzata che la Commissione dovrebbe condurre. Ribadiremo in ogni sede la nostra richiesta di dimissioni e non parteciperemo alle riunioni della Commissione e dei suoi Comitati: questo già a partire dalla convocazione di oggi a Palazzo San Macuto». Lo afferma Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. (Ansa)

“, conclude.

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