Due gambe di donna trovate in un cassonetto dell’immondizia ai Parioli. Poi altri pezzi in un cassonetto al Flaminio. Il fratello confessa

Risolto il giallo delle due gambe di donna  trovate ieri sera in un cassonetto a Roma, in via Maresciallo Pilsudski ai confini tra il quartiere Parioli e il quartiere Flaminio. A scoprirle, intorno alle 20, era stata una ragazza rom mentre rovistava all’interno del secchione. Ma la testa e il resto del corpo non c’erano: sono stati trovati, disseminato in altri  cassonetti nel quartiere adiacente. In particolare in quelli dislocati in via Guido Reni, proprio nei pressi della sede della scuola di Polizia, che si trova a cento metri dal museo Maxxi e cinquecento dallo stadio Flaminio e dall’Auditorium della  musica. I vestiti della donna erano in via Pannini.

A tradire l’assassino (nella foto al momento dell’arresto) sono state le telecamere di sorveglianza, da cui sono state riprese le immagini e, soprattutto, la targa della macchina. E a confessare il delitto e lo strazio del cadavere con successiva distruzione è stato il fratello della donna. Il quale di fronte all’evidenza ha confessato dopo alcune ore di interrogatorio.

L’uomo è stato ripreso da una telecamera di videosorveglianza mentre gettava qualcosa all’interno del secchione nella notte tra il 14 e il 15 agosto. Si tratta di Maurizio Diotallevi, fratello 62enne della vittima. Lui e la sorella Nicoletta, di 59 anni, avevano problemi economici e vivevano insieme nell’appartamento lasciato in eredità dai genitori. Per sostentarsi, affittavano anche a studenti una stanza dell’appartamento in via Guido Reni 22b.

L’unico, flebile, alibi che Maurizio Diotallevi aveva tentato di procurarsi era una denuncia per scomparsa della sorella che lui stesso aveva presentato il giorno dell’omicidio, il 14 agosto. Pensava di averla fatta franca. Ma ad incastrarlo sono state le immagini delle telecamere, che lo hanno immortalato mentre usciva di casa con un grosso sacco nero e poi, nel cuore della notte, mentre gettava qualcosa di voluminoso in un cassonetto del quartiere Parioli a Roma.

Dopo dieci ore di interrogatorio è crollato in Questura. “Sì, sono stato io”, ha ammesso davanti agli investigatori, che lo hanno arrestato e portato nel carcere di Rebibbia con le accuse di omicidio e occultamento di cadavere. A scatenare la furia dell’uomo, secondo quanto lui stesso sostiene,  sarebbe stata l’ennesima lite per motivi economici. Le indagini della squadra Mobile hanno preso il via quando una nomade di 39 anni, che rovistava nei secchioni, ha rinvenuto intorno alle 20 del 15 agosto due gambe di donna tenute insieme da un nastro adesivo all’interno di un cassonetto vicino al galoppatoio di Villa Glori, in viale Pilsudski. Nonostante abbia avuto un piccolo malore, è riuscita comunque a lanciare l’allarme al vicino commissariato. Dalla visione delle immagini delle telecamere di sicurezza di un negozio gli investigatori sono riusciti a risalire a Diotallevi, ripreso nei video mentre si avvicinava in auto al cassonetto e gettava un sacco. L’uomo è stato così fermato e portato in Questura, dove è stato interrogato. Sarebbe stato poi lui stesso ad indirizzare i poliziotti ai cassonetti che aveva utilizzato dopo l’omicidio, a due passi dall’appartamento in cui viveva con la sorella. Oltre alle gambe gettate nel cassonetto a viale Pilsudski, l’uomo si è disfatto del resto del corpo in un cassonetto a via Guido Reni, e infine di alcuni abiti ed effetti personali della donna in un terzo bidone nella vicina via Pannini. Maurizio e Nicoletta vivevano insieme proprio in via Guido Reni, in un piccolo appartamento al pian terreno, tra una caserma dell’esercito ed una sede della Questura. La sorella era tornata in quella casa, ereditata dal padre, ufficiale dell’esercito, nel 2005, in seguito alla morte della madre. Spesso, stando a quanto ricostruito dagli investigatori, i due avevano liti per questioni economiche: a lavorare era solo la sorella e Maurizio le faceva spesso richieste di denaro. L’ennesima discussione il giorno prima di Ferragosto sarebbe stata la causa del delitto. L’omicida avrebbe prima strangolato la sorella e poi utilizzato una sega, acquistata già alcune settimane prima, per sezionare il cadavere e inserirlo in alcuni sacchi della spazzatura. Ma l’avvocato Gaetano Scalise, difensore di Diotallevi, dice: “Mi sento di escludere che dietro questa vicenda possano esserci motivazioni di tipo economico”.

La testimonianza di una vicina.  “Non c’è mai stata una lite, un battibecco. Nicoletta e Maurizio li conoscevo bene e mai mi sarei aspettata tutto questo”. È visibilmente sotto shock una vicina di casa della donna fatta a pezzi e gettata in alcuni cassonetti a Roma. “La notte tra il 14 e il 15 ero qui, a casa – racconta -. Non ho sentito assolutamente nulla. Poi sono partita per il ferragosto e tornata stamattina. Quando ho visto tutta la polizia sotto casa pensavo stessero girando un film. Poi invece mi è arrivata la notizia scioccante”.

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