DOMENICO MACERI/ Muro repubblicano contro Hillary Clinton sulla facilitazione del diritto di voto

Maceriphoto_smalldi DOMENICO MACERI/

“Quale parte della democrazia gli fa paura?”: con queste parole Hillary Clinton ha lanciato la sfida al Partito Repubblicano che cerca sempre di ostacolare la partecipazione al voto spiegando il suo atteggiamento con il timore della frode elettorale. Oltre alla stoccata al Gop, la Clinton, nel suo recente discorso alla Texas Southern University, ha voluto lanciare un sorriso alla sinistra, ma toccando anche il tasto della giustizia. Secondo la probabile portabandiera democratica alle elezioni presidenziali del 2016, bisogna cambiare il sistema registrando automaticamente tutti i cittadini americani nelle liste elettorali. Ciò aiuterebbe il trenta percento degli americani che di soluto non vota per il semplice fatto di non essere registrato. Si tratta di un numero di possibili elettori che arriva a cinquanta milioni di individui. In grande maggioranza si tratta di poveri, persone che spesso non hanno residenza permanente e che il sistema elettorale ha a tutti gli effetti dimenticato silenziandone le voci.
L’idea dell’iscrizione automatica alle liste elettorali era già stata annunciata formalmente nel 2011 da Eric Holder, ex procuratore generale dell’amministrazione di Barack Obama. Lo  ha anche ribadito in un suo recentissimo discorso. Holder aveva anche criticato la decisione della Corte Suprema del 2013 che aveva posto seri freni al Voting Rights Acts. Questi limiti all’opportunità dell’esercizio del voto sono tipici del Partito Repubblicano, a cominciare, particolarmente nel sud degli Stati Uniti, dalla invenzione dai test di alfabetismo per impedire agli afro-americani di iscriversi e votare. Negli ultimi tempi questi freni all’esercizio della democrazia sono stati attuati principalmente mediante leggi statali approvate da legislature repubblicane per richiedere sempre più documenti per potere votare. L’altro strumento usato è quello di ridurre le spese per le elezioni creando spesso lunghissime code e scoraggiando la gente dall’andare a votare.
 La Clinton vorrebbe eliminare il primo ostacolo: l’obbligo per i cittadini di iscriversi alle liste elettorali introducendo la registrazione automatica. Inoltre allargherebbe a 20 giorni il periodo di votazione anticipata da effettuarsi via posta e amplierebbe da uno a tre i giorni utili per votare e sarebbero quelli del weekend. La Clinton vorrebbe anche  che le attese alle urne non siano superiori a trenta minuti.
Si tratta di proposte molto utili che aiuterebbero ad ampliare il numero di elettori e ad allargare la democrazia americana. Infatti fra i  172 Paesi democratici al mondo gli Stati Uniti si trovano alla 138esima posizione per quanto riguarda l’affluenza al voto.
La proposta della Clinton appare una mossa azzeccata per parecchie ragioni. In primo luogo perché lei prende la difesa degli afro-americani ed altri gruppi minoritari che spesso hanno difficoltà ad esercitare il loro diritto di voto. Inoltre per il Partito Democratico e la stessa Clinton ampliare il numero di elettori significa un aumento delle probabilità di successo alle elezioni perché, come si sa, la stragrande maggioranza dei poveri che non vota pende a sinistra. Quindi da una parte si tratta di giustizia ma la mossa combina anche l’aspetto politico.
Le reazioni dei politici repubblicani erano prevedibili. Il governatore del New Jersey Chris Christie ha dichiarato che Hillary Clinton non sa nulla delle elezioni del suo Stato e che lei “vuole un’altra opportunità per commettere più frodi elettorali in tutto il Paese”. Una battuta, questa, che non ha nessun fondamento perché tutti gli studi rivelano che la frode elettorale è quasi inesistente. Il problema non è dunque la frode ma il fatto che la gente non  vota a causa degli ostacoli attuali. L’altra ragione per l’astensione dal voto è data dal disgusto nel vedere che il potere politico è nelle mani dei ricchi. Un recente sondaggio del New York Times/Cbs News ci dice per esempio che l’84 percento degli americani crede che i quattrini hanno troppa influenza nelle elezioni. L’85 percento crede anche che il sistema di finanziamento delle campagne politiche deve essere ristrutturato.
L’affluenza alle urne nelle elezioni presidenziali in America si aggira sul 50 percento. Nelle elezioni di midterm invece il trenta percento vi partecipa. Un Paese come gli Stati Uniti che si considera una democrazia per eccellenza dovrebbe fare molto di più per incrementare la partecipazione alle elezioni. Forse, come ha detto la Clinton, qualcosa della democrazia spaventa i repubblicani. Non tutti però: il senatore repubblicano Rand Paul del Kentucky, uno dei tanti candidati alla nomination del suo partito, ha dichiarato che i repubblicani dovrebbero essere sostenitori “della gente che vota, del diritto al voto”. Ma Paul ha pochissime chance di vincere la nomination e quindi lui si può permettere il lusso di dire la verità.

*Domenico Maceri è
docente di Lingue ad Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com).

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