Direzione del Pd: Renzi tenta di trascinare il partito a un congresso-lampo ed elezioni anticipate

di LUCA DELLA MONICA

Per le 14,30 di oggi è convocata a Roma la Direzione nazionale del Pd, alla quale Matteo Renzi – secondo le ultime indiscrezioni circolate ieri – proporrebbe la convocazione del congresso o, in alternativa, lo svolgimento di primarie, ma non è chiaro se per la scelta del nuovo segretario del partito o per la designazione dell’eventuale candidato alla presidenza di un governo da eleggere con una consultazione anticipata rispetto alla normale scadenza dell’attuale legislatura (febbraio 2018). Il che comporterebbe la caduta o le dimissioni di quello in carica presieduto da Gentiloni.

Naturalmente bisognerà vedere che cosa Renzi intenda per congresso. E cioè, come molti auspicano, una larga e capillare consultazione sul programma e la struttura del partito, che parta dai “circoli” (l’equivalente delle sezioni territoriali) per risalire, con la nomina di delegati, a congressi provinciali e regionali fino a quello nazionale, oppure se intenda quella che è già stata ribattezzata come “una gazebata”, cioè una specie di “primarie” liquidate al massimo in un paio di giornate aperte a iscritti e non iscritti, come furono le primarie “aperte a tutti” (non solo agli iscritti), buone solo a garantire una votazione plebiscitaria a qualcuno, a prescindere da programmi e   regolamenti.

La mossa strategica per accelerare i tempi e le procedure sarebbe – secondo alcune anticipazioni – la presentazione delle dimissioni a segretario, seguite dalla convocazione di un congresso-lampo per poi far cadere il governo Gentiloni e andare a nuove elezioni entro settembre se non addirittura a giugno. Ma, naturalmente, è meglio attendere alcune ore per sapere come stanno effettivamente le cose.  In ogni caso l’obiettivo di Renzi è di avere, per sé, una leadership legittimata da un passaggio popolare. Dopo di che – come avverte in una lettera che dopo la riunione della direzione vorrebbe inviare a tutti gli iscritti – “chi perde dovrà rispettare l’esito del voto”. L’obiettivo, ha spiegato ai fedelissimi, è rilanciare il Pd come “motore del cambiamento” in un’Italia che sembra tornare “alla prima Repubblica” e in un’Europa in cui bisogna far “sentire alta la voce” per non lasciarla a “lepenismi e populismi”.

Ma la minoranza del partito non si fida di Renzi e avverte che le regole del congresso vanno concordate insieme e sui tempi non possono esserci blitz. Persino il moderato e ondivago Gianni Cuperlo evoca l’eventualità della scissione; Michele Emiliano è più esplicito e dice che una candidatura Renzi per il governo farebbe perdere altri consensi al Pd; Enrico Rossi chiede la nomina di un “segretario di garanzia” per la fase congressuale; Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema hanno già dichiarato la loro contrarietà sia ad elezioni anticipate sia a un congresso-farsa.  Contro un ritorno anticipato alle urne si è pronunciato Romano Prodi e rilancia l’idea di non accontentarsi di una correzione delle leggi elettorali uscite dalla Consulta ma di scrivere un sistema di voto basato su collegi uninominali piccoli. E sembra guardare con interesse al  Campo progressista di Pisapia, prudenza sponsorizzarlo.

I renziani reagiscono accusando la sinistra di avere “come obiettivo solo dividere il Pd”, dice Emanuele Fiano. “Quando faremo il congresso, lo faremo secondo le regole dello statuto”, assicura il rottamatore per atto notarile del sindaco Marino,  Matteo Orfini. E il vicesegretario Lorenzo Guerini invita a finirla con il logoramento, per cui la minoranza ogni giorno pone “un se o un ma”. “Lunedì si terrà una direzione in cui il segretario dirà in modo chiaro la prospettiva che intende proporre al partito e al Paese. Ognuno assumerà responsabilmente una posizione chiara. Se si anticipa il congresso lo si anticipa davvero, senza formule fantasiose” come la segreteria di garanzia, “ma con convenzioni nei circoli e poi elezione del segretario con primarie aperte. Punto”. Perciò ha suggerito a Renzi di invitare alla riunione di oggi anche i segretari regionali per dargli man forte.

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