di LUCA DELLA MONICA – Esauriti i «bonus», Renzi estrae dal cilindro della propaganda elettorale l’abolizione del canone Rai. Lo fa attraverso un giornale che sta diventando ormai un suo «house organ»: la Repubblica. Che scrive: «Durante un vertice (?!) al Nazareno con pochi fedelissimi Renzi avrebbe detto: ‘Nella prossima direzione del Pd proporrò l’abolizione del canone Rai. La tv pubblica deve essere un diritto dei cittadini’». L’orecchio profondo di Repubblica ha persino ascoltato la nobile spiegazione del «bomba» ai suoi fedelissimi: «Lo Stato dovrà supplire al canone trasferendo tra un miliardo e mezzo e due miliardi all’anno alla Rai. E’ la stessa cifra che chiedevamo ai cittadini con questa brutta tassa». Lo statista di Pontassieve ha anche la soluzione contabile, come spiega il quotidiano fondato (e affondato con le sue apparizioni in tv) da Eugenio Scalfari: «Abbiamo già individuato i tagli di spesa necessari per questa operazione».
“Abbiamo” chi? Non è detto. Ma subito arriva la prima reazione. E non dall’opposizione, ma dal ministro dello Sviluppo Economico,
Sandro Calenda. Il quale su Facebook scrive: «Spero che l’idea di abolire il canone Rai sostituendolo con un finanziamento dello Stato non sia la proposta del *pdnetwork per la campagna elettorale come riportato da *repubblica. I soldi dello Stato sono i soldi dei cittadini e dunque sarebbe solo una partita (presa) di (in) giro».
Subito dopo si fa sentire il sindacato dei giornalisti Rai. Che dichiara: «Puntuale come un orologio svizzero parte la campagna elettorale e arriva l’attacco alla Rai. Copione che si ripete da anni. Curioso che prima si mette il canone in bolletta e poi si propone di abolirlo. Ogni volta che abbiamo chiesto un confronto serio su progetti, riforme, innovazione, sono spariti tutti».
Ma ecco che scendono in campo i “fedelissimi“ dello statista proponente, il fido Anzaldi (membro della commissione di vigilanza sulla Rai) e il loquace presidente del Pd, Matteo Orfini, noto frequentatore di studi notarili in sostituziobe delle assemblee elettive. L’uno dice la solita sciocchezza: «Caro Calenda, se eliminiamo il canone Rai i cittadini pagano meno», come se i soldi dello Stato non fossero sempre soldi dei cittadini, pagati attraverso le tasse. L’altro, con la consueta sfacciataggine, dice semplicemente che quella della abolizione del canone è stata sempre una idea del Pd, peccato che solo l’anno scorso il governo Renzi l’ha trasferito in bolletta per evitare che gli evasori sfuggissero al pagamento.
Poi in serata arriva una mezza smentita, che suona anche come sconfessione sia della “anticipazione” di Repubblica sia degli interventi di Orfini e Anzaldi: se ne occupa lo stesso Renzi con una strana formula: “Abbiamo iniziato a tagliare il canone lo scorso anno e continueremo a ridurre i costi, ma senza proclami“. Ma allora aveva ragione Calenda parlando di “presa in giro”…
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