Cultura il lutto per la morte di UMBERTO ECO. Anticipata al 27 febbraio l’uscita dell’ultimo libro

Umberto EcoLutto nel mondo della cultura per la scomparsa  di Umberto Eco. La notizia della morte de grande scrittore, filosofo, semiologo e affascinante docente universitario, è avvenuta ieri sera alle 22,30 nella sua abitazione a Milano.  Eco aveva compiuto 84 anni il 5 gennaio (era nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932) e aveva appena ultimato la correzione delle bozze  del suo ultimo libro, “Papé Satàn Aleppe”, la cui uscita era programmata per maggio, ma che la casa editrice da lui fondata (La casa di Teseo) ha deciso ora di anticipare al 27 febbraio.

A rendersi interpreti del cordoglio per la scomparsa di Umberto Eco sono stati sia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia il presidente del Consiglio Matteo Renzi con messaggi in cui si sottolinea la grande perdita per la morte dell’autore di successi letterari come “Il nome della rosa” del 1980, che ispirò il film di Jean-Jacques Annaud, ‘Il pendolo di Foucault’ (1988), e, prima del libro che uscirà postumo, la gustosa e graffiante critica del giornalismo che è “Numero zero”,  pubblicato lo scorso anno da Bompiani, nel solco delle polemiche che hanno caratterizzato per molti anni la sua brillante rubrica su “l’Espresso”, La bustina di Minerva.

Le sue intuizioni, le sue rotture, le sue lezioni.
Nel 1962 Umberto Eco pubblica Opera aperta, analisi di testi letterari in termini strutturalisti a partire da Ulisse di Joyce, che fa discutere e diviene uno dei manifesti della neoavanguardia riunita l’anno dopo nel Gruppo ’63. Nel 1980 esce invece il romanzo storico medioevale Il nome della rosa, che suscita consensi internazionali, best seller da oltre 12 milioni di copie. Si svolge tra queste due tappe, meno lontane e diverse di quanto possa apparire, il lavoro di Umberto Eco.
Da osservatore ironico e semiologo avvertito oltre che creativo, infatti, ha dimostrato in ogni occasione di saper cogliere lo spirito del tempo. Mirabili resteranno le sue lezioni al Dams di Bologna. Il suo Lector in fabula, saggio del 1979 (non a caso periodo in cui stava scrivendo proprio Il nome della rosa), è appunto il lettore che in un testo, in particolare se creativo, letterario, arriva a far interagire col mondo e le intenzioni dell’autore, il proprio mondo di riferimenti, le proprie associazioni, che possono creare una lettura nuova: ‘’Generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui”.
Un’opera aperta è proprio quella che più riesce a produrre interpretazioni molteplici, adattandosi al mutare dei tempi e trovando agganci con scienze e discipline diverse. Una tesi che apparve dirompente in un paese legato alle sue tradizionali categorie estetiche, diviso tra crocianesimo e marxismo storicista. E il discorso di Eco non riguarda, ovviamente, solo la forma, la struttura di un’opera, come intesero molti autori di quegli anni, tanto che poco dopo dette alle stampe La struttura assente, che spostava il discorso sulla ricerca semiologica e le sue interazioni.
Così, forse, il tentativo esemplare nel mettere in pratica le sue teorie, è nel 2004 con La misteriosa fiamma della regina Loana, romanzo illustrato con foto di libri e riviste, manifesti, tavole di fumetti, che fanno parte del racconto e contribuiscono a far rivivere l’atmosfera dell’epoca (da fine anni ’30 alla guerra) a ogni lettore anche con i propri ricordi.
Insomma, anche un romanzo di un personaggio e studioso di questo tipo, attento alla cultura di massa e già autore di paradossali e ironiche pagine su aspetti minori della realtà raccolte in Diario minimo negli anni ’60, nasce entro questo spettro di riferimenti con una sapienza, non solo costruttiva e intellettuale. E il successo internazionale, col Nome della rosa, di un saggista raffinato, di uno studioso che aveva debuttato laureandosi sui problemi estetici in San Tommaso, finì per suscitare più polemiche delle sue innovative teorie saggistiche. Se in tanti parlano di ”libro geniale e assai notevole” come sintetizzava Maria Corti, ecco che per Geno Pampaloni c’era ”difetto di genio letterario”, Francesco Alberoni lo definiva ”libro privo di emozioni” che deve la sua fortuna all’essere divenuto un feticcio di cultura, mentre Stefano Benni ha ”chiuso a pagina trenta, assalito dalla noia”.
Poi verranno gli altri romanzi, altri best seller che ne consolidano la fama e stemperano le astiosità: Il pendolo di Foucault nel 1988, L’isola del giorno prima 1994 e Baudolino 2001, La misteriosa fiamma della regina Loana 2004 e l’anno scorso Il cimitero di Praga. Ancora una volta, attraverso la storia nel XIX secolo del tragico e graduale prosperare di quella falsificazione nota come I protocolli dei Savi di Sion, che ispirerà anche Hitler, un romanzo di ampio intreccio, ricco di erudizione divulgata con eleganza e in quella misura che impegna il lettore comune, ma non troppo, introducendolo con sapienza narrativa in una coinvolgente realtà di idee e storica. Fino all’ultimo romanzo sul mondo dei giornalisti e dell’editoria, Numero Zero, uscito l’anno scorso.
Insomma, ragioni per celebrare la grandezza di Umberto Eco ce ne sono molte, basta accettare che siano convissute in questo discreto e simpatico signore, che da amatore suonava il flauto dolce e non temeva certo di esporsi dichiarando le sue idee anche politiche, come ha fatto negli anni berlusconiani, il curioso e ironico autore delle Bustine di Minerva o di romanzi ambientati nel passato e lo studioso altamente scientifico del Trattato di semiotica generale, che conta ormai 25 anni. (Fonte: Ansa)

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