Crollati dell’89% i nuovi contratti a tempo indeterminato, picco dei voucher: giù l’effetto jobs act

L’effetto jobs act continua a decrescere. Lo rivelano gli ultimi dati Istat nonostante che – al solo riapparire di Renzi sulla scena politica – essi vengano di nuovo annegati in raffronti contorti nel tentativo di annebbiarne il significato. Eccolo. Nei primi dieci mesi 2016 sono stati stipulati 1.370.320 nuovi di contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni)  contro 1.308.680 cessazioni. Dunque il dato reale è di 61.640 unità in più. Tutto bene? No. Perché l’anno scorso questa cifra era di 588.039 contratti stabili dei primi dieci mesi. Quindi quello del 2016 è dell’89% peggiore rispetto allo stesso periodo del 2015. Motivo evidente: la riduzione, prevista appunto nel jobs act, degli incentivi statali alle imprese che effettuano assunzioni stabili, e, al tempo stesso, l’incremento ulteriore del ricorso dei datori di lavoro ai voucher, cioè dei buoni per il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, del valore nominale di 10 euro. Nel periodo gennaio-ottobre 2015 ne sono stati venduti 121,5 milioni, cioè il 32,3% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, come informa l’Inps.

Poletti e i sindacatiOra il governo, sia pur a mezza bocca, comincia ad ammettere che è inevitabile porre un freno all’uso dei voucher. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti (nella foto: accanto al ministro Padoan in un incontro con i sindacati) , parla della necessità di ”rideterminare dal punto di vista normativo il confine dell’uso dei voucher”. Parlando a Fano, ha affermato: ”Abbiamo introdotto la tracciabilità, e dal prossimo mese vedremo l’effetto. Se è quello di una riduzione della dinamica di aumento e di una messa sotto controllo di questo strumento, bene. Se invece i dati ci diranno che anche questo strumento non è sufficiente a riposizionare correttamente i voucher la cosa che faremo è rimetterci le mani”.

Poletti, invece, continua a sostenere che il Jobs act  “è stata una buona legge, che ha fatto bene e fa bene al Paese”. Poi, però, aggiunge prudentemente: “Naturalmente, come tutte le cose va vista nel tempo in ragione dei risultati che produrrà, e se dovesse emergere che ci sono degli elementi di problematicità, come sempre, si guardano”. Intanto vorrebbe evitare che il referendum promosso dai sindacati con la raccolta di tre milioni e mezzo di firme possa svolgersi.

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