Conte al Copasir: avvenne in piena legalità e correttezza l’incontro dei nostri servizi di sicurezza con il ministro della Giustizia Usa. E riserva una stoccata a Salvini

L’audizione al Copasir del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, accanto a lui il presidente del comitato Raffaele Volpi (foto Ansa di Angelo Carconi) 

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha riferito per oltre due ore, oggi pomeriggio, al Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) sui rapporti avuti in agosto con il ministro della Giustizia Usa (nonché attorney general) William Barr, che voleva avere notizie sull’operato di agenti dell’intelligence americana in Italia nel periodo primavera-estate del 2016.

Subito dopo il presidente ha ritenuto opportuno riferirne ai giornalisti in una conferenza stampa per sgomberare il campo da illazioni o deformazioni, visto  l’ex ministro dell’Interno e capo della Lega, Matteo Salvini (cui ha fatto eco qualche giornale) aveva orchestrato insinuazioni e sospetti sulla vicenda. Conte ha precisato che quell’incontro avvenne “in piena legalità e correttezza”. Da quel confronto – ha dichiarato –  è risultata acclarata “l’estraneità della nostra intelligence” e con il presidente Donald Trump “non abbiamo mai parlato di questa vicenda”: dice dunque il falso chi parla di collegamenti con “il suo tweet di sostegno nei miei confronti” ad agosto.

Così Conte ha intero sgombrare il campo dalle “ricostruzione fantasiose” apparse sui media, che “rischiano di gettare ombre sul nostro operato istituzionale, cosa che non possiamo permetterci”.

La prima richiesta di informazioni dagli Stati Uniti, nell’ambito dell’inchiesta “preliminare” (“se invece era un’inchiesta giudiziaria sarebbe scattato un altro binario, la cooperazione giudiziaria, la rogatoria”, precisa Conte) che Barr e il procuratore speciale John Durham stanno conducendo sulle origini del Russiagate (in pratica sugli stessi investigatori Usa che hanno indagato sui legami tra Trump e la Russia) arriva a giugno per il tramite dell’ambasciata italiana a Washington, “non a me direttamente. Io non ho mai parlato con Barr”, puntualizza. E l’attorney general, rileva, “è anche il responsabile dell’Fbi, che si occupa in particolare di controspionaggio ed agisce anche all’estero”. Barr chiedeva uno “scambio preliminare di informazioni con la nostra intelligence” per “verificare l’operato di agenti americani” in Italia nel 2016. In particolare, l’oggetto di interesse era Joseph Mifsud, il docente maltese di stanza in quel periodo alla Link Campus University e che ha agganciato George Papadopoulos, consulente dell’allora candidato alle presidenziali Trump, per passargli la notizia che i russi avevano email hackerate ad Hillary Clinton. E’ uno dei punti di partenza del rapporto Mueller che ha fatto emergere contatti tra lo staff di Trump ed i russi. Misfud, per il presidente Usa,  era un agente provocatore che voleva incastrarlo dimostrando che si era avvalso dell’aiuto di Mosca per essere eletto. ‘Complotto’ in cui settori dell’intelligence americana avrebbero coinvolto anche loro colleghi occidentali, in Inghilterra, in Australia e magari anche in Italia, vista la presenza di Mifsud a Roma. Ecco il motivo dei due viaggi italiani di Barr: il primo a Ferragosto, quando ha incontrato il direttore del Dis, Gennaro Vecchione, “è servito – racconta Conte – a definire il perimetro della collaborazione e chiarire le informazioni richieste. Poi c’è stato il secondo il 27 settembre, alla presenza anche dei direttori di Aise ed Aisi. Abbiamo chiarito, alla luce delle verifiche fatte, che la nostra intelligence è estranea a questa vicenda; estraneità che ci è stata riconosciuta dai nostri interlocutori che non avevano elementi di segno contrario”. In sostanza, non risulta che agenti italiani abbiano collaborato con colleghi americani per ‘gestire’ Mifsud e poi farlo sparire. E, inoltre, osserva, “se ci fossero state attività illecite che coinvolgevano nostri agenti avremmo avuto obbligo di segnalarlo all’autorità giudiziaria”.

Quanto alle accuse di aver tenuto nascosto sia ai membri del Governo che al Copasir i contatti con Barr, Conte ricorda che “il premier ai sensi della legge ha l’alta direzione e responsabilità politica dell’intelligence; non la divide con nessun ministro o leader politico. Se avessi informato persone non legittimate a ricevere queste notizie avrei violato la legge. Ed il Copasir ha diritto e dovere di verificare e controllare, ma a posteriori”. “Se tornassi indietro – prosegue – non potrei fare diversamente, perchè l’indagine di Barr è una tipica attività d’intelligence. Se ci fossimo rifiutati di sederci al tavolo con loro avremmo recato danno alla nostra intelligence e ci saremmo macchiati di una grave slealtà nei confronti di un alleato storico”.

Nelle prossime settimane il Copasir sentirà i direttori di Dis, Aise ed Aisi, cui verranno chieste ulteriori informazioni sulle visite di Barr in Italia.

Conte ha colto l’occasione della conferenza stampa per una stoccata alla campagna denigratoria condotta nei suoi confronti da Salvini, il quale – ha detto, rispondendo alla domanda di una giornalista  –  “pontifica quotidianamente su Barr e mi invita a chiarire. Forse dovrebbe dirci lui che cosa ci faceva a Mosca con Savoini: ha incontrato il responsabile dell’intelligence russa portandosi dietro Savoini, che non aveva nessun ruolo”.

ULTIMI SVILUPPI DEL “RUSSIAGATE” NEGLI USA– Secondo fonti giornalistiche americane l’indagine ordinata dall’attorney general Usa William Barr sulle origini del Russiagate è diventata ora un’inchiesta penale. Questo significa che i dirigenti e gli ex dirigenti dell’Fbi e del dipartimento di giustizia eventualmente coinvolti rischiano un’incriminazione e che aumenteranno i poteri di raccogliere prove dell’attorney John Durham – titolare dell’inchiesta – anche con mandati emessi da un grand giurì per acquisire documenti e testimonianze.

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