Bersani: “Contro arroganza e sudditanza voto NO”. Speranza: “L’accordo sull’Italicum è un pezzo di carta fumoso”

Non è stata una mossa vincente il violento, acrimonioso attacco di Renzi agli esponenti della sinistra del suo partito nel comizio conclusivo del raduno di fedelissimi alla Leopolda, con l’accusa di voler distruggere il Pd per “riprendersi le poltrone”. Un attacco volgare da parte del segretario di un partito e ancor più dal capo di un governo verso coloro che quel partito lo hanno creato e diretto. E la reazione è venuta subito, inevitabile, dall’ex segretario Pier Luigi Bersani, colui che comunque ha portato alle elezioni del 2013 il Pd a conquistare alla Camera la maggiorana assoluta, su cui poggia oggi il potere di Renzi.

E Bersani non nasconde la sua amarezza, più che per  i cori  ‘Fuori! fuori!‘ uditi a Firenze, per i silenzi di fronte a quei cori.  Un silenzio seguito da nuove accuse via web da parte di Renzi con queste parole: “Vogliono tornare loro a guidare il Paese e si rendono conto che questa è l’ultima chance. Ecco perché da Berlusconi a D’Alema, da Monti a De Mita, da Dini a Cirino Pomicino fino a Brunetta Grillo e Gasparri stanno tutti insieme in un fronte unico. Provate a chiedere loro su cosa andrebbero d’accordo: su nulla, probabilmente. Solo sul dire no”. Naturalmente lui finge di dimenticare che tutti questi esponenti politici non hanno alcuna intenzione di formare, con il No, un patto di governo, e finge di dimenticare che la Costituzione fu scritta da partiti come La Dc, il Pci e il Psi, e i Liberali, che avevano posizioni politiche addirittura conflittuali ma le regole della repubblica le scrissero insieme.

Ed ecco perché, in particolare la sinistra del Pd e una grande parte dei sostenitori del NO al referendum continua a ripetere che se il Si verrà sconfitto non sono contemplate automaticamente le dimissioni del governo.

L’amarezza di Bersani – “Fuori fuori? I leopoldini possono risparmiarsi il fiato, vanno già fuori parte dei nostri. Io – dice Bersani in un incontro a Palermo – sto cercando di tenerli dentro, ma se il segretario dice fuori fuori bisognerà rassegnarsi. Ho provato una grande amarezza”.   “Mentre i leopoldini urlavano fuori fuori, a Monfalcone, da sempre carne nostra, abbiamo preso una batosta storica dalla Lega perché molti dei nostri non hanno votato. Io non ci ho dormito, non so altri.  Vedo – prosegue – un partito che sta camminando su due gambe, l’arroganza e la sudditanza. Cosi non si va da nessuna parte. Io non voglio niente, se non parlare” risponde a Renzi, secondo cui l’obiettivo di chi voterà ‘no’ al referendum sarebbe ritornare al governo. “Nel Pd – spiega Bersani – ci vuole libertà, autonomia, schiena dritta, pensiero, democrazia: non ci vuole arroganza e sudditanza. Mi impressiona che tutti gli altri stiano zitti. Sul tema della Costituzione – prosegue – non esiste una disciplina di partito. Questa storia che il Pd fa tutto da solo si sta dimostrando debole, abbiamo perso tutti i ballottaggi. Bisogna costruire un’area ulivista di centrosinistra, il Pd deve essere una infrastruttura, non può essere il pigliatutto con la logica del comando. Il segretario deve dare indicazioni, poi ognuno sceglie con la propria testa. Un partito che è al governo e ha la maggioranza in Parlamento e pone la fiducia sulla legge elettorale non può certo cavarsela con un foglietto fumoso”, dice ancora Bersani riferendosi al generico accordo sull’Italicum preparato dalla commissione del Pd e firmato anche da Cuperlo. Penso che Renzi voglia tenersi mano libere, altrimenti ci sarebbe stato qualcosa di serio. Il ‘no’ al referendum – sottolinea – è un modo per far saltare l’Italicum, il resto sono chiacchiere. Su quel foglietto c’è scritto stai sereno, ma io, per stare sereno, al referendum voto no.  Mi preoccupa  – spiega Bersani – l’incrocio tra il referendum e l’Italicum, con un ‘governo del capo’ e parte del Parlamento nominato. Non sto parlando di noccioline. Non posso tollerare questo rischio con conseguenze gravissime, mi spiace. Al congresso del Pd – spiega Bersani – porrò il problema della separazione della leadership del partito dalla guida del governo”.

A Bersani ha fatto eco l’ex capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza. Il quale però ha ribadito: “Qualunque sia l’esito del referendum io lavorerò per il Pd. Non esco dal Pd neppure con le cannonate. Io voglio lavorare per costruire un’alternativa, mentre delle proposte di modifica dell’Italicum (dopo il referendum) dice: “Questo è un pezzo di carta fumoso che non cambia l’Italicum, è uno ‘stai sereno’. Oggi c’è l’Italicum. Renzi poteva far sul serio, c’è una differenza tra ora e quando Renzi ha fatto sul serio fino in fondo. E la legge elettorale non può essere contentino per la minoranza”.

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